NECROLOGIO TRATTO DAL SITO DEGLI OBLATI DI MARIA VERGINE:
Cosa possiamo aggiungere a questo necrologio ufficiale? Mi viene da aggiungere quella frase tratta dal Dialogo della Divina Provvidenza di s. Caterina da Siena:
«PER ME SI SONO FATTI PICCOLI, ED IO LI HO FATTI GRANDI IN ME»
Alcuni altri messaggi ricevuti: • Grandissima personalità ….cuore puro, parlava solo con la preghiera, che uomo….. • Con profondo dolore, Sincere Condoglianze per questo Grande Confratello Jhon. • Conservo un caro ricordo di fratello John del suo silenzio della sua preghiera domani lho ricorderò nella messa. • Bravissima persona, mi aveva dato a dicembre la preghiera delle tre Ave Maria dandomi molti consigli, lì al Santuario ci mancherà molto… R.I.P • Ho un bellissimo ricordo….un santo! • Mi dispiace proprio tanto era un frate silenzioso il suo atteggiamento diceva tutto di lui certo mi mancherà • Pregherò per Fratel John. Era bello, nel corso di esercizi, vederlo pregare la via crucis in cappella e visitare frequentemente il Signore. P. José Alberto LC
• Caro P. Armando, mi unisco alla preghiera per fr John e offrirò la messa di domani per lui. Devo dire che dalle tre o quattro volte che l’ho visto entrare in cappella per pregare durante il nostro corso di esercizi mi ha colpito il suo fervore e ho chiesto al Signore: se vivo a lungo come lui, concedimi di arrivarci con questo amore vivo per te.
Nulla lasciava prevedere il tragico epilogo, tutto proseguiva bene. Le foto riportate sotto lo ritraggono venerdì 27 gennaio, due giorni prima di morire, era sereno, allegro e con tanta voglia di parlare. Questa allegria ha accompagnato tutto il periodo post operatorio, diceva che stava bene, solo soffriva perché per quasi una settimana era nutrito con le flebo e non poteva né mangiare né bere. Quel venerdì mi venne poi l'idea di portare in comunità un suo video, e così ci è rimasto questo bellissimo ricordo del nostro "piccolo" John che chiunque lo guarda non può non rimanere commosso e arricchito di un'autentica esperienza spriituale. Guardatelo: |
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Ringraziamo il buon Dio che ci ha fatto incrociare sul cammino della nostra vita questo piccolo
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A volte ci chiediamo cosa significa essere un buon cristiano, almeno a me capita abbastanza spesso e…la risposta non è molto facile: quanti punti interrogativi ???????? Se ci guardiamo intorno siamo sollecitati su tutti i fronti a guardare l’esteriorità delle cose e a non scendere in profondità per vedere cosa c’è nelle situazioni che viviamo, nei rapporti con le persone che quotidianamente incontriamo e nel volto di chi ci chiede aiuto…. Siamo presi dalla frenesia delle cose da fare, dalle “pre – occupazioni” e, sicuramente, da tante paure!!! Eppure, se proprio decidiamo di fermarci a pensare a cosa significa essere un buon cristiano, e vogliamo anche dare una risposta, ci accorgiamo che si tratta di una scelta molto lontana da questo mondo dell’apparenza in cui siamo immersi fino al collo! Partiamo dalla cosa più importante…l’Amore di Dio. E poi? Come faccio a capire cosa devo fare? Credo che la risposta sia nell’ “inno alla carità di San Paolo:
Dopo la lettura delle parole di San Paolo, ho la sensazione di avere davanti a me il vademecum da meditare ogni mattina al risveglio per poter attuare il disegno dell’Amore di Dio, un amore senza confini, che noi potremmo a nostra volta riversare sulle persone che incontriamo, proprio con la carità!! Leggendo ogni frase possiamo riflettere su chi siamo veramente noi, e capire cosa possiamo cambiare del nostro modo di essere, partendo dalla consapevolezza di quanto siamo “piccoli” e di quante cose “grandi” possiamo realizzare con il dono del suo Amore. L’Amore che il Signore ci dona si manifesta con questi comportamenti: sta a noi scegliere di agire con pazienza, con benignità, senza invidia, con rispetto, senza adirarsi e tenere conto del male ricevuto, nella verità…, altrimenti nulla ha senso! Se guardiamo le esperienze vissute da ognuno di noi nelle varie fasi della giornata, ci accorgiamo che Dio ci chiama ad “amare” con delle semplici indicazioni adatte ad ogni momento e a ciascun ruolo in cui possiamo ritrovarci: sia come figli, sia come sposi, come genitori o…semplicemente uomini e donne…perché la carità deve far parte del nostro modo di essere, in ogni circostanza: dobbiamo imparare ad amare in modo gratuito, così come Dio ci ama! Lasciamoci allora guidare dalle esortazioni di San Paolo, che ci parla della carità come la virtù più grande di tutte e che non avrà mai fine!!! Amiamo in modo gratuito come il Signore ci ha insegnato e con la sua grazia riusciremo ad essere il buon cristiano e la buona cristiana che tanto speriamo di poter diventare. Decidiamo di andare “contro – corrente”, di essere pazienti, benevoli, non provare invidia, non vantarci dei successi raggiunti! Certamente non è facile, ma solo così porteremo l’Amore vero nel mondo di oggi, fatto solo di esteriorità e di esempi negativi… E poi chissà, magari “vivendo” la carità favoriremo il cambiamento delle persone che passano a fianco a noi, dando un segno concreto delle parole di San Paolo, sempre attuali e indispensabili per seguire la via dell’Amore che il Signore ci cha indicato. Flavia Ricci
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Carissimi Amici di Casa Lanteri,
Il Signore vi benedica e vi protegga! Il 4 febbraio, primo sabato del mese, continueremo il nostro itinerario in riparazione alle offese al Cuore Immacolato di Maria, per prepararci a celebrare degnamente il centenario delle apparizioni. Nella prima domenica, poi, celebreremo insieme con tutta la Chiesa italiana la 39a Giornata Nazionale per la Vita. Sarà un'occasione importante per riflettere più intensamente su questo dono fondamentale per ciascuno e per pregare per la promozione e la difesa della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale. Come sempre in questa occasione, saranno presenti presso il nostro Santuario i responsabili del Centro Aiuto alla Vita della nostra Diocesi, per offrire in dono le piantine di primule e proporre la partecipazione ai progetti di sostegno per giovani mamme in difficoltà. Il sabato seguente, 11febbraio, memoria di N. S. di Lourdes, presso il nostro Santuario sarà celebrata, a livello diocesano, la XXV Giornata Mondiale del Malato. Il nostro Vescovo accoglierà i fratelli ammalati, accompagnati dai volontari dell'UNITALSI, recitando il rosario e presiedendo la concelebrazione eucaristica. In conclusione, ci sarà la benedizione eucaristica in stile lourdiano. Il 13 febbraio ricordiamo l'anniversario della morte di Suor Lucia di Fatima. Per tale data siamo stati invitati dal Rettore del Santuario dedicato a N. S. di Fatima di Talsano, importante frazione di Taranto, per animare la liturgia in onore della Santa Vergine e per realizzare un gemellaggio fra i nostri due santuari. Pertanto, chiedo la vostra preghiera, perché questo avvenimento possa essere occasione particolare di grazia e di arricchimento reciproco. Sempre in questo mese, inoltre, ricorre la festa dei Beati Pastorelli di Fatima, il 20 febbraio, per cui ci stiamo già preparando alla celebrazione di un triduo di preghiera, dal 18 al 20, in cui cercheremo di coinvolgere in modo particolare i bambini delle parrocchie circostanti e delle scuole cattoliche, presenti nel nostro territorio. Carissimi, mentre scrivevo queste note, ho appreso la notizia della morte del nostro caro Fr. John; una notizia che ci ha colti di sorpresa, perché, anche se era ricoverato in ospedale per un intervento chirurgico, si era ripreso bene e sembrava procedere magnificamente nella via di guarigione. Siamo rimasti senza parole e con tanto dolore nel cuore. L'unico commento appropriato mi sembra senz'altro quello di P. Armando, che ha detto: “Ora abbiamo un angioletto in cielo che pregherà per noi”. Siamo sicuri, infatti, che sarà già stato accolto nell'abbraccio misericordioso del nostro Dio e in questo momento starà contemplando, insieme con gli Angeli ed i Santi, la Beata Vergine che ha tanto amato qui in terra. E a Lei, nostra madre dolcissima, anche noi con fiducia ci affidiamo. Con grande affetto p. Carlo, omv
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E una volta passato il momento del sacrificio, resta Gesù incarnato in lui misticamente; resta in lui quel Gesù che fa sì che il sacerdote sia Gesù, in forza di quell'unione trasfomante che è, in maggiore o minore misura, l'Incarnazione mistica. Purtroppo il sacerdote non se ne rende conto, non riflette su questo; eppure nessun'anima come la sua ha la sua peculiarità – in forza della grazia di stato, cioè dell'unzione ricevuta nell'Ordinazione come dono dal Cielo – di giungere alla perfetta trasformazione in Cristo mediante l'Incarnazione mistica del Verbo in lui. L'Incarnazione mistica determina la trasformazione e questa trasformazione, a sua volta, apre all'Incarnazione mistica in grado più o meno elevato. Per il sacerdote è questo il mezzo più efficace e più santo per giungere alla trasformazione in Lui. Infatti quando il Verbo si impossessa dell'anima, questa si perde nel Verbo, come una goccia d'acqua si perde nel mare, come il Sole divino assorbe la luce. L'immensità del mare assorbe la goccia e il Sole divino il raggio di luce proprio come il Verbo assorbe l'aniima che da Lui ha avuto origine. La divinità del Verbo assorbe ciò che di divino c'è nell'anima e la divinizza, la converte in Lui e la perde in Lui. Il sacerdote riceve quotidianamente nella Messa il riverbero del mistero dell'incarnazione. Purtroppo molto spesso non gli dà peso, lo offusca, lo opacizza con gli assilli terreni o esteriori, e può addirittura giungere a estinguerlo con il peccato. Ma il sacerdote che accoglie e potenzia, con la sua corrispondenza alla grazia, questo dono di Dio, è il più idoneo a ricevere e ad accrescere l'inestimabile grazia eminentemente sacerdotale, grazia per eccellenza di mutua donazione, grazia insigne, trasformante e unitiva che attrae la Trinità, poiché il Verbo – in quanto Persona divina – non può separarsi nè dal Padre né dallo Spirito Santo, che sono una sola essenza con Lui
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Carissimi Amici di Casa Lanteri, eccoci proiettati nel 2017. Un altro anno è letteralmente volato via. Mi sembra che più invecchiamo e più il tempo scorre velocemente! Ci accompagni in questo nuovo anno e sempre nella vita la certezza della fede che la nostra vita è nelle mani del buon Dio: «Sono risorto e ora sono sempre con te, – dice il Signore a ciascuno di noi. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani» (Benedetto XVI, Omelia alla Veglia Pasquale, 7 aprile 2007). Non lasciamoci sconfortare dalle notizie di morte, di sciagure, di ingiustizie varie che attanagliano questo povero nostro mondo e camminiamo in questi sentieri oscuri terreni con la lampada della nostra fede costruendo ovunque passiamo relazioni di amicizia e climi di famiglia, cercando così di far conoscere a questo mondo ignaro, l'amore di Gesù che vince ogni situazione di sconforto e di morte e siamo seminatori di pace e di speranza. Vi chiedo in questo mese una particolare preghiera per il corso di Esercizi Spriituali sulla Prima Tappa Ignaziana che si svolgerà, piacendo a DIo, dal 9 al 14 gennaio 2017, a cui vi parteciperanno una decina di sacerdoti e una suora (speriamo che non si intimidisca troppo). Purtroppo ancora non ci sono laici iscritti, sarebbe il nostro primo corso senza laici, ma forse qualcuno di voi leggendo quest'articolo verrà preso dal desiderio di iscriversi! Coraggio! Vi lascio ora alla lettura degli aaltri articoli Santo e Felice Anno Nuovo a tutti voi! P. Armando omv
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L'appuntamento mensile presso la Casa di Spiritualità “Lanteri” del gruppo di coppie nel cammino di spiritualità coniugale, rende possibile quel vulnus essenziale parte integrante di quella che viene definita come “Formazione Permanente”. Un cammino che contiene al suo interno una duplice proposta formativa: quella spirituale e quella umana. Questi due contributi, si costituiscono su due rette parallele, che pur ispirandosi agli stessi principi, non rendono possibile un incontro trasversale. La formazione spirituale e quella più di stampo psicologico rendono possibile una complementarietà armoniosa senza correre il rischio di una infruttuosa e rischiosa fusione. Le coppie possono così beneficiare di un bagaglio definito e funzionale, per un lavoro che fornisca nuovi strumenti per migliorare la visione della propria coniugalità.
La giornata di formazione in genere è così articolata: Le tematiche del mattino sono programmate sinergicamente per far si che ci sia un continuum fruttuoso per la crescita della coppia a più livelli. È interessante notare come le coppie che vi prendono parte scoprono inaspettatamente anche la possibilità di dedicare del tempo a loro stessi, quel tempo che nel quotidiano sentono sfuggire o sprecare senza consapevolezza. Ci sono coppie che sono anni che frequentano questo percorso formativo, altre da pochissimo tempo. Ma solo in corso d'opera la coppia acquisisce una piena coscienza del bisogno inevitabile di nutrirsi di di un momento dedicato al loro matrimonio in modo autentico e completo. La mia testimonianza a tal proposito è molto semplice nella sua globalità. Come coppia arriviamo da fuori zona per la necessità intrinseca e famelica di poter fortificare tutti quegli aspetti coniugali minati nel corso degli anni da una disidratazione formativa psicologica e spirituale che hanno inevitabilmente reso fragile il dialogo , l'intimità, e la progettualità coniugale. Dare un mano a Suor Anna in questa opera, rende la mia presenza anche un umile servizio alla Chiesa. Da ferito, in mezzo a tante coppie, posso anche utilizzare la ferita come possibilità di cambiamento. Dove gli altri vedono il dolore in un ferita aperta, io posso far vedere delle nuove possibilità. Un rapporto circolare dove le coppie, me compreso, e Suor Anna, formano e ci si forma contemporaneamente. La mia personale definizione è: la vocazione nella vocazione. Un cammino coniugale dove l'ascolto delle parole di Suor Anna forniscono uno studio di approfondimento per la coppia di sposi per recuperare la bellezza della loro personale speranza. Il mio intervento in genere è coadiuvante delle pagine spirituali di Suor Anna, per rendere strategicamente più semplice ciò che in genere gli sposi vedono faticosamente aggrovigliato. Stefano Ottaviani
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“Erano uniti” come diceva Atti 2,1, “epituauto – nello stesso luogo” . Nel cenacolo i discepoli aspettano paurosi che succeda qualcosa. Arriva lo Spirito “nello stesso luogo” e questo “stesso luogo” è stato sempre identificato dai Padri come lo spazio del Signore Risorto. Nella Tradizione Armena il cenacolo si chiama “la stanza del mondo”. Allora l’Eucaristia in questo spazio del Signore Risorto è il solo momento della storia dove il Corpo personale di Cristo, che è il corpo appunto del Signore Risorto escatologico, il Corpo della Chiesa, il Corpo Eucaristico, coincidono. Nell’Eucaristia la Chiesa non fa semplicemente la memoria di un evento storico, ma compie un atto escatologico, contempla la propria natura escatologica: questo modo trinitario di esistenza che a noi ci è stato comunicato definitivamente realizzato. La Chiesa è veramente se stessa solo quando celebra l’Eucaristia, perché quando la Chiesa celebra si vede nel suo stato definitivo. E quindi è il luogo in cui la Chiesa diventa quello che è. La nostra cittadinanza del Regno nell’Eucaristia non è solo un radunarsi: noi ci raduniamo in questo stesso luogo, ma questo radunarsi nello stesso luogo diventa un movimento, diventa una progressione verso il futuro, verso la realizzazione di questo Regno. Noi viviamo già la verità di quello che in maniera germinale siamo già nel futuro e dal futuro questa realtà ci è data da partecipare oggi. È chiaro che ogni liturgia è un passaggio perché nello spazio della Celebrazione io mi incontro come sarò nel futuro, come sarò in Dio. Io mi incontro la Maria Campatelli nascosta con Cristo in Dio e questo incontro in qualche maniera è un giudizio sulla Maria Campatelli fenomenica arrivata all’assemblea Eucaristica è un passaggio verso questa nuova Maria. L’esperienza della Comunione, l’esperienza del Regno mi fa fare un passo avanti e a noi tutti insieme. Rappresenta una tappa in questo cammino del popolo di Dio verso questo futuro che ci aspetta. Ogni liturgia è una Pasqua, un passaggio. Noi siamo quello che siamo nell’Eucaristia. E nell’Eucaristia diventiamo sempre di più quello che noi già siamo agli occhi di Dio. Allora vedete anche questa è una cosa interessante in questo cammino dall’individuo alla persona. La forma formans, la forma formatrice di quello che noi siamo dove la troviamo? La troviamo nella Piazza d’oro della Gerusaleme del cielo (Ap 21,21). La forma formatrice della nostra storia, del nostro divenire è nel futuro in cui noi siamo radicati con la liturgia. Noi viviamo radicati nel futuro, ispirati dal futuro da cui traiamo la nostra verità. La memoria del futuro, ecco allora la forma per una visione d’insieme della vita dell’uomo. Formazione, formazione permanente, crescita nella propria vocazione personale comunitaria, dove la radichiamo se non in questa visione? La nostra realtà è quella che noi già siamo in Cristo. È quello che è già custodita in Lui, quella che è già nascosta in Lui. Io guardandomi in Lui personalmente, e noi tutti guardandoci in Lui abbiamo la meta del nostro divenire. La visione di quella che siamo già nella realtà e troviamo la forza per trasformare il nostro quotidiano alla misura di questa visione. La liturgia è una visione. La persona è una realtà escatologica perché se la persona è quella realtà che immerge dalla comunione io sono persona in Dio già realizzata, ma io non sono ancora persona perché ho tante cose che mi dividono dagli altri. Ho tante ombre che io getto sugli altri e che mi impediscono una comunione piena. Io sono in un processo per diventare persona e lo divento sempre più nella misura in cui cadono le barriere che mi isolano dagli altri. Dipendono appunto, siccome la comunione non sono in grado di crearla, dipendono da questo processo di sinergia che io metto in atto con lo Spirito di Dio che è lo Spirito di comunione. Per questo noi non sappiamo alla fin fine chi siamo e la nostra identità è legata a questa misteriosa pietruzza bianca dell’Apocalisse (Ap 2,17) che Dio ci darà al momento dell’incontro con Lui, quando cadranno tutte le barriere che ci separano dagli altri. Lo Spirito fa discendere questi doni dal futuro, dalle realtà ultime come nuovi eventi. Non li fa emergere dalla storia come un dato; quindi qualcosa che noi costruiamo su quello che siamo, su quello di cui noi ci impossessiamo. L’esperienza liturgica è questa partecipazione mediante l’anticipazione a questo Regno che sta nel futuro e che noi accogliamo e di cui noi possiamo già godere finora le primizie. Maria Campatelli
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