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FdC 65 – Pensiero Eucaristico di Alexander Schmemann

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ALEXANDER SCHMEMANN
L’Eucaristia sacramento del Regno
Qiqajon-Bose, 280-283.
   Schermata 2015-03-31 alle 21.56.12

L'ultima cena e la croce

Cristo è stato crocifisso da questo mondo, dal suo peccato, dal suo odio, dalla lotta che combatte contro Dio. Nella storia, nel nostro tempo terreno, l'iniziativa della croce è sempre, partita dal peccato, cosi come continua a essere sua anche ora, in ciascuno di noi, quando con i nostri peccati dentro di noi rimettiamo il Figlio di Dio in croce e lo insultiamo (cf Eb 6,6).

Ora, se la croce, strumento di un'esecuzione infamante, è divenuta il simbolo venerabile della nostra fede, della speranza e dell'amore, se la Chiesa continua incessantemente a glorificarne la potenza paradossale e indefettibile, a vedere in essa "la bellezza dell'universo" e "la guarigione del creato", a confessare che "la gioia è entrata nell'universo tramite la croce", tutto questo certamente avviene in primo luogo perché, attraverso quella croce che aveva incarnato l'essenza stessa del peccato – cioè la lotta contro Dio – il peccato è stato vinto; in secondo luogo perché la morte sulla croce, nella quale la morte che regnava sul mondo sembrava celebrare il suo definitivo trionfo, quella morte è stata annientata; infine, perché dalle profondità di questa vittoria della croce si è irradiata la gioia della resurrezione. Ma cosa può aver trasformato la croce in una simile vittoria, e continua a farlo, se non l'amore di Cristo, quell' amore divino che durante l'ultima cena Cristo ha rivelato essere la sostanza stessa e la gloria del regno di Dio? E in quale occasione, se non nell'ultima cena, è stato offerto il dono di questo amore nella sua pienezza, quel dono che ha reso inevitabile in questo mondo la croce (cioè il tradimento, le sofferenze, la crocifissione e la morte)? È proprio a questa relazione tra ultima cena e croce, nella quale si manifesta il Regno e la sua vittoria, che rendono testimonianza sia l'evangelo che la Liturgia (soprattutto gli uffici della Settimana santa della passione, di straordinaria profondità).

In essi l'ultima cena viene costantemente ricollegata con la notte che la circonda da ogni parte e nella quale la luce della festa dell'amore s'irradia con particolare forza, quando, nella camera alta, grande e già pronta (cf Mc 14,I5), Cristo la celebra con i discepoli. E la notte del peccato, l'essenza di questo mondo. Ed ecco che la notte s'infittisce all'estremo, pronta a inghiottire quest'ultima luce che brilla in essa. Già "i principi si sono radunati insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo" (At 4,26). Sono già stati versati i trenta denari, prezzo del tradimento. Già la folla eccitata dai suoi capi, armata di spade e bastoni, irrompe sulla via del Getsemani. Ma le tenebre di quella notte pesano anche sull'ultima cena (e questo è di importanza capitale per una comprensione ecclesiale della croce). Cristo sa che la mano di chi lo consegna è con lui sulla tavola (cf Lc 22,21). È proprio dall'ultima cena, dalla sua luce, che "preso il boccone" (Gv I3,30) Giuda esce in quella notte terribile, seguito quasi subito da Cristo. E se gli uffici del Giovedì santo, giorno in cui si commemora in modo particolare l'ultima cena, sono un continuo intrecciarsi di gioia e di afflizione, se la Chiesa fa memoria ancora e incessantemente non soltanto della luce, ma anche delle tenebre che l'hanno oscurata, è perché in queste due uscite successive, di Giuda e di Cristo, fuori dallo stesso chiarore incontro alla stessa notte, la Chiesa vede e riconosce l'origine della croce come mistero del peccato e come mistero della vittoria sul peccato.

Il mistero del peccato. L'uscita di Giuda infatti è il culmine e la consumazione del peccato, la cui origine si colloca nel paradiso: l'amore dell'uomo abbandona Dio, sceglie se stesso e non Dio. Inizia quella scelta di decadenza che determina dall'interno l'intera vita, l'intera storia del mondo, di questo mondo caduto, che giace nel male sotto il potere del suo principe, il divisore. In quel momento, con l'uscita di Giuda, apostolo e traditore, nella notte, la storia del peccato, dell'amore accecato, pervertito, caduto e divenuto rapina – perché accaparra per sé la vita che è stata donata per essere comunione con Dio, quella storia giunge al termine. Il significato mistico e inquietante di quell'uscita consiste precisamente nel fatto che Giuda esce in realtà dal paradiso, lo fugge, ne viene cacciato. Egli aveva assistito all'ultima cena, i suoi piedi erano stati lavati da Cristo, aveva ricevuto nelle mani il pane dell' amore di Cristo, il Signore si era donato a lui in quel pane. Egli aveva visto, sentito, toccato con le sue mani il regno di Dio. Ed ecco che, proprio come Adamo, perpetrando il peccato originale del primo uomo, spingendo al limite estremo la logica spaventosa del peccato, egli non voleva più saperne di quel Regno. In Giuda aveva vinto il mondo, con la sua volontà antitetica a quella di Dio e il suo amore decaduto. Di conseguenza, secondo la stessa logica, tale volontà non poteva non diventare quella di uccidere Dio. Dopo l'ultima cena, Giuda non ha più un luogo dove andare se non incontro alle tenebre del deicidio. E quando questo sarà perpetrato, quando tale desiderio sarà stato soddisfatto, con la vita "per sé" che lo anima, per Giuda non ci sarà altra via di uscita se non l'autodistruzione.

Il mistero della vittoria. In Cristo, che tramite il dono di se stesso nell'ultima cena manifesta il suo Regno e la sua gloria, il Regno esce nella notte di questo mondo. Dopo l'ultima cena anche Cristo non ha più altro luogo ave andare se non all'appuntamento, al duello sino alla fine con il peccato e la morte. E questo perché i due regni, quello di Dio e quello del principe di questo mondo, non possono coesistere; perché, per distruggere il potere del peccato e della morte, per riportare a sé la sua creatura che gli era stata sottratta dal diavolo, e per salvare il mondo, Dio ha donato il suo unico Figlio. Cosi, con l'ultima cena, con la manifestazione del regno dell'amore, Cristo si condanna alla croce. Attraverso di essa il regno di Dio, segretamente manifestato durante l'ultima cena, entra in questo mondo. E con quell'ingresso si trasforma in lotta e vittoria.

 

SABATO 21 MARZO 2015

•  GIORNATA DELL'ADORAZIONE SILENZIOSA PRESSO LA
   CAPPELLA DEI PASTORELLI ORE 10:30-16:30
​    
Per i turni di adorazione telefonare al Centralino (06 2266016)

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FdC 65 – La meditazione del mese… di Fabrizio Fiorenza

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Dal Vangelo secondo Giovanni [19,25-27​]
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Parola del Signore

 

“stavano presso la croce di Gesù”

 

È la Croce l’attore principale e Gesù assume quasi un ruolo secondario dinanzi ad essa o come se non fosse presente.

 

“Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «[…]e anche a te una spada trafiggerà l’anima”  (Lc 2,34-35

 

La croce è vista e usata dal mondo come una spada. Il mondo la impugna dalla parte corta e la sferra verso i fratelli.

 

Maria la riceve, l’accoglie e la lascia entrare fino a permettergli di trafiggergli l’anima.

In realtà essa, la croce, si pianta nell’anima e diventa come vessillo di vittoria.

Fabrizio Fiorenza

 

 

 

FdC 65 – Adorazione e venerazione … di Giusy Damiani

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La vita di Gesù, dall’Incarnazione all’Ascensione, è continuamente circondata dall’Adorazione e dal servizio degli angeli.

Al momento della Sua nascita, Dio dice: ”Lo adorino tutti gli angeli di Dio” (Eb 1,6) e questo meraviglioso canto di nascita continua ancora oggi risuonando nella lode della Chiesa: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Lc 2,14); l’Adorazione a Gesù è anche da parte dei Magi che arrivano da paesi lontani dell’Oriente.

Adorazione è disposizione dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore, esalta la grandezza del Signore che ci ha creati e l’Onnipotenza del Salvatore che ci ha liberati e continua a liberarci.

Adorare Dio è riconoscerlo Creatore e Salvatore, Signore e Padrone di tutto ciò che esiste, Amore infinito e misericordioso: “Solo al Signore Dio tuo ti prosterai, Lui solo adorerai” (Lc 4,8).

Adorare Dio come fa Maria nel “Magnificat”, è lodarlo ed esaltarlo, confessando con gratitudine che Egli ha fatto grandi cose e che Santo è il Suo nome.

Differente è la specialissima venerazione, riservata dai tempi più antichi alla Beata Vergine “Madre di Dio”, in cui i fedeli si rifugiano, pregandola, da tutti i loro pericoli e necessità. È la “Mamma del Cielo” alla quale tutti ci rivolgiamo per avere la sua intercessione presso il trono dell’Altissimo e nessuno si sente di  dire di non essere ascoltato da Lei.

La Chiesa, Casa di Dio, è il luogo proprio della preghiera liturgica per la comunità parrocchiale, è il luogo privilegiato dell’Adorazione, presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento; la scelta di un luogo adatto non è affatto indifferente alla preghiera.

La Chiesa unita al suo Signore e sotto la guida dello Spirito Santo, è in continua benedizione al Padre con l’Adorazione, la Lode e l’Azione di Grazia.

Giusy Damiani

 

 

 

 

 

 

FdC 65 – A scuola di iconografia… di Kasia Malarska

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Vorrei condividere con voi una riscoperta. Una riscoperta di una parte della Chiesa che in occidente è stata dimenticata, sottovalutata, spogliata di un senso profondo della spiritualità cristiana. L’arte. In particolare l’arte della Chiesa dei primi secoli, l’arte di una Chiesa che non aveva ancora conosciuto divisioni. L’arte della Chiesa Indivisa e cioè, la bellezza dell’icona. 

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Siamo abituati, quasi ormai assuefatti a vedere, i nostri “santini”, le pale degli altari che mostrano interpretazioni personali di episodi evangelici o biblici. Si, sono bellissime. Abbiamo dei capolavori di bellezza. Ma è una bellezza umana e materiale, che spesso troppo poco parla a noi personalmente, poco si rivolge ai nostri cuori, passiamo guardando quei quadri come degli spettatori insignificanti di episodi che si svolgono assestanti sulle tele giganti. Ci raccontano, certo la vita dei santi, di Cristo e Maria, ma sono interpretazioni personali umane di un artista che spesso con poca umiltà e molto sfarzo ci mostra sulla tela. In una visione personale tinta di propri sentimenti e di se stesso con poca corrispondenza ai dettagli della Sacra Scrittura.

Nei primi secoli l’arte della chiesa era diversa. Tutta votata a Dio. Nulla di personale metteva il velo tra il fedele che prega e l’icona. Perché l’iconografo, spesso monaco, dipinge l’icona ispirato dallo Spirito Santo, in preghiera e spesso dopo periodi di digiuno e rinuncia. Non reputa bello ciò che il mondo vede bello, il bello carnale e sensuale, ma dona alla Chiesa una visione teologica di Dio, in accordo con ogni parola della Sacra Scrittura – “per la gloria, la gioia e la bellezza della Santa Chiesa di Dio” – come recita la preghiera dell’iconografo. È come un apostolo che anziché annunciare la Parola di Dio con la parola scritta o orale, la annuncia con i colori.

Ogni dettaglio, ogni gesto, ogni colore ha un significato teologico ripreso dalla Parola di Dio scritta. Nulla è a caso o per puro gusto estetico. Tutto si colloca in una visione mistica della Parola. Cosi  l’iconografo deponendo ogni desiderio personale di fama e gloria, nell’umiltà, assoggettato alla tradizione tramandata dalla Chiesa, tenta di rendere presente il mondo trasfigurato dalla potenza di Cristo Risorto. Il mondo in cui viviamo, quello celeste e quello temporale, che per ora rimane ancora velato fino alla fine dei tempi.

Cosi nasce una presenza. Uno sguardo dal cielo verso di noi e verso la nostra vita.  Sì, è come la Sacra Scrittura da noi letta in Spirito Santo per mezzo della sua azione diventa carne in noi, rende la Parola che è Gesù stesso, vivo e presente in noi e in mezzo a noi, cosi l’icona contemplata come Parola di Dio che rappresenta, fedele in ogni dettaglio, rende presente Dio stesso. Si, perché come la Parola è da secoli penetrata nelle orecchie degli antichi padri da Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè  cosi dopo la venuta del Figlio di Dio che disse: “Chi vede me vede il Padre” può penetrare come immagine negli nostri occhi. Come la Parola letta purifica e trasforma i nostri cuori passando dall’udito, cosi la Parola resa icona penetra nei cuori attraverso la vista e li purifica.

Icona dunque non è un semplice “santino”, non è nemmeno un dipinto che suppone rappresentare come Gesù era nel suo aspetto fisico quando ha vissuto nella carne nel tempo. L’icona mostra la bellezza della presenza di Dio Padre nei suoi angeli nei suoi santi, e mostra il suo volto visibile nel suo figlio che è Parola, che ha creato tutto ciò che esiste. 

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L’icona parla della trasfigurazione del mondo materiale. Nella preghiera l’iconografo compone la materia in un immagine santa, volge dunque la materia a gloria di Dio. Cosi anche noi più ci sforziamo nel nostro cammino di santificazione a somigliare a Cristo, rivolgiamo noi stessi anima e corpo a gloria di Dio e cosi veniamo trasformati. Non solo, tutto ciò che facciamo nell’amore, nella carità, nell’abbassamento e rinuncia a noi stessi per amore di Cristo lo portiamo a essere trasfigurato in Lui operando cosi la santificazione delle nostre persone e del mondo che ci circonda.

Ad esempio dei santi che nella loro vita hanno reso visibile il volto di Gesù già in questa terra e  continuano a mostrarcelo anche ora che vivono nella gloria di Dio.

Kasia Malarska

 

 

 

 

 

FdC 65 – L’Editoriale di P. Armando Santoro omv

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Carissimi Amici di Casa Lanteri,

la Santa Pasqua è alle porte e forse anche voi come me, avete da rimpiangere che la Quaresima è volata e noi non ci siamo preparati come avremmmo voluto a questo grande giorno della nostra salvezza. Arrivando a Pasqua a mani vuote sperimenteremo ancora una volta che l'amore di Dio è gratuito e ci raggiunge non perché siamo stati bravi e buoni, ma perché amati, infinitamente amati da Dio: che bello! Tutto è grazia! Quanta grazia! Quanto amore! L'unico modo per renderci degni dell'amore di Dio e meritarlo è quello di accoglierlo con fiducia, gioia e commozione perché amati troppo.

«Chi può accostarsi a sì tanto grande fuoco d'amore e non restarne bruciato?», ripeteva spesso s. Caterina da Siena. Accostiamoci a questo fuoco e lasciamoci incendiare e se non lo siamo ancora è solo perché abbiamo badato bene di non avvicinarci troppo…

Marzo è scivolato via con le sue consuete attività ordinarie. A fine marzo abbiamo avuto la grande gioia di riavere con noi il nostro amico diacono e professore Nicola Parisi che era stato assente da dicembre per via di un delicato intervento chirurgico: Deo gratias!

Grande evento in questo mese di aprile è il passaggio delle consegne di P. Silvano Porta omv, attuale Rettore del Santuario di N. S. di Fatima, a P. Carlo Rossi omv, già Rettore della Provincia Italiana degli OMV. P. Carlo inizierà il suo mandato di Rettore del Santuario con decorrenza dal giorno di Pasqua, 5 aprile 2015.

 
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Dopo più di quattro anni di servizio come Rettore, P. Silvano lascia il rettorato, ma non il Santuario, come ben dice lui stesso nella pagina riservata a lui dal nostro Foglio, pagina che dal mese prossimo sarà gestita da P. Carlo. I suoi nuovi compiti di rappresentante legale e Economo Provinciale dell'Istituto degli OMV, oltre a quello di Vicario Episcopale per la Vita Religiosa della nostra Diocesi Tiburtina che svolge da un paio di anni circa, non gli permettevano più di svolgere questo servizio: Grazie P. Silvano del tuo servizio e auguri al carissimo P. Carlo che ti sostituisce in questo incarico!

Un altro evento bello, in particolare per me, sarà il trentesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di P. Silvano, di P. Mauro Oliva omv (già Rettore del Santuario anni fa) e mia  che celebreremo nella Cappella Universitaria S. Tommaso di Tor Vergata il 13 aprile 2015 alle ore 13:15 (un orario strano per noi, ma consueto alla Cappella Universitaria).

Il 13 aprile 1985 era il sabato dell'ottava di Pasqua e così ho pensato di celebrare anche una s. Messa di ringraziamento per il 30° sabato 11 aprile prossimo, sabato dell'Ottava di Pasqua, alle ore 18:30 presso la Cappella di Casa Lanteri o alla Cripta dei Pastorelli, a secondo del numero degli amici che vorranno ringraziare con me il buon Dio del dono del suo sacerdozio a questo povero prete. Dopo la celebrazione eucaristica ci sarà una breve riunione di tutti gli Amici di Casa Lanteri per delle informazioni importanti concernenti un giardino oratorio dedicato alla Madonna di Lourdes (in quanto il luogo si presta all'allestimento di una grotta) di cui vi avevo già accennato nel nostro Foglio di Collegamento di Marzo 2015.

Il giardino sarà situato, paicendo a Dio, nel retro della Casa di Spiritualità e sotto potete vederne il progetto del nostro amico architetto Egidio Guida (nella foto insieme al suo progetto) che ringrazio di cuore per l'impegno e la dedizione entusiastica con cui sta portando avanti questo progetto che da tanti anni avevamo nel cassetto dei sogni.

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Ringraziamo la Provvidenza che ha già spinto due persone a rendersi disponibili a donare la somma necessaria ad acquistare la statua della Madonna di Lourdes e il Crocifisso, ma c'è tanto spazio per altre persone generose sia per quanto riguarda la collaborazione fattiva per i lavori da farsi, che per l'acquisto del vario materiale che servirà (piante, sistema idraulico ed elettrico, sedili, ecc.) alla realizzazione di questo spazio dedicato alla preghiera silensiosa.

Altro evento bello e importante di questo nostro aprile 2015 è il Fine Settimana Spirituale di Pasqua che si intitola «Raggiunti dal Risorto. Una iniziazione alla lettura della Sacra Scrittura» [Programma] che sarà diretto dal padre gesuita Lorenzo Gilardi, grande esperto di direzione di Esercizi Spirituali ignaziani e già rettore della Casa di Spiritualità di Santa Croce a Torino [foto sotto]

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Ora vi lascio agli articoli delle nostre amiche Kasia che ci parlerà della sua esperienza a scuola di iconografia, Giusy che ci condividerà una sua riflessione sull'adorazione e la venerazione, l'amico Fabrizio con la sua breve, ma toccante meditazione sulla Croce di Gesù e il pensiero eucaristico quanto mai profondo e ricco del sacerdote ortodosso Alexander Schmemann.

A tutti voi gli auguri più sentiti e sinceri di far Pasqua con Gesù, Pasqua, cioè passaggio. Passi qualcosa di nuovo in questa Santa Pasqua e qualcosa di vecchio cessi sul serio di esistere, perchè viva sempre più Lui in noi e sempre meno noi, fino a poter dire con pienezza di gioia e di stupore: "Non sono più io che vivo, ma Lui in me" (Gal 2,20): Che bello!!!

P. Armando Santooro omv

 

 

 

 

 

 

 

FdC 65 – Gli appuntamenti di Aprile 2015

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015


• ORE 21:00  CAMINETTO LANTERIANO 

                    Condiviamo insieme la Liturgia della Domenica
                    in collegamento streaming [Programma]

SABATO 11 APRILE 2015

• ORE 15:30             L.eV.O – Liturgia e Vita Ordinaria     
                                Diretto da Sr Mary Kowalski omvf
   
      Gruppo riservato a chi ha già fatto un corso
     di
 Esercizi Spirituali completo o gli EVO]

• ORE 15:30            E.V.O. 2

ORE 18:30 RADUNO DEGLI AMICI DI CASA LANTERI
S. MESSA DEL 30° ANNIVERSARIO DI SACERDOZIO
DI P. ARMANDO SANTORO OMV

Segue incontro informativo e agape fraterna

 

DOMENICA 12 APRILE 2015

• ORE 10:00 – 17:30 RITIRO APERTO A TUTTI                  

Diretto dal Prof. Mauro Meruzzi docente di Sacra Scrittura
    La proposta di quest'anno è una lettura spirituale del Vangelo di Marco

 

MARTEDÌ 14 APRILE 2015

• ORE 15:30 SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 1

 

MERCOLEDÌ 15 APRILE 2015


• ORE 21:00  CAMINETTO LANTERIANO 

                    Condiviamo insieme la Liturgia della Domenica
                    in collegamento streaming [Programma]

GIOVEDÌ 17 APRILE 2015

• ORE 18:00 GUIDE EVO

 

SABATO 18 APRILE 2015

•  GIORNATA DELL'ADORAZIONE SILENZIOSA PRESSO LA
   CAPPELLA DEI PASTORELLI ORE 10:30-16:30
​    
Per i turni di adorazione telefonare al Centralino (06 2266016)

• ORE 15:30      EVO 1

• ORE 15:30 – 19:30  SCUOLA BIBLICA DI PREGHIERA
        
Diretta dal diacono prof. Nicola Parisi, 
        
Docente di Sacra Scrittura

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DOMENICA 19 APRILE 2015

• ORE 10:00 – 17:00  
  
INCONTRO DI SPIRITUALITÀ CONIUGALE            
   
Diretto da Sr Anna Cappellucci omvf  

 
 

MARTEDÌ 21 APRILE 2015

• ORE 15:30 SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 2

 

 

 

MERCOLEDÌ 22 APRILE 2015


• ORE 21:00  CAMINETTO LANTERIANO 

                    Condiviamo insieme la Liturgia della Domenica
                    in collegamento streaming [Programma]

VENERDì 24 – DOMENICA 26 APRILE 2015
FINE SETTIMANA SPIRITUALE DI PASQUA

[Programma]

 

SABATO 25 APRILE 2015 ORE 21:00

Conferenza della Dott.ssa ANNA SIMONCELLI
IL CORPO CI PARLA DI DIO E CI DICE CHI SIAMO.
NON LASCIAMOCI SVIARE DALL'IDEOLOGIA DEL GENDER

La conferenza sarà trasmessa su www.casalanteri.it/tvs

MERCOLEDÌ 29 APRILE 2015

• ORE 15:30 SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 3

• ORE 21:00 CAMINETTO LANTERIANO      

 

 

GIOVEDÌ 30 APRILE 2015

• ORE 15:30 GRUPPO DEI CLASSICI DELLA SPIRITUALITÀ CRISTIANA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 65 – La pagina di P. Silvano Porta omv

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Carissimi Amici di Casa Lanteri,
un grande abbraccio a ciascuno di voi ! Come saprete, il 5 aprile, Pasqua di Risurrezione,  dopo più di quattro anni, lascio la direzione spirituale del Santuario, lasciando il testimone al mio successore, P. Carlo Rossi omv.  
Lascio il rettorato, ma continuo  a lavorare con voi fedeli frequentatori della Casa di Spiritualità e del nostro Santuario: il lavoro pastorale è sempre tanto: il sacramento della riconciliazione, la direzione spirituale, la predicazione dei ritiri, le conferenze, la celebrazione dell'Eucarestia ecc.
Un grande augurio a P. Carlo  che sarà sicuramente all'altezza del compito di far conoscere ed amare Maria, la Madre di Dio, la Discepola del Cristo, la Donna dello Spirito.
 
P. Silvano OMV
 

Carissimi Amici di Casa Lanteri,
la Pace di Cristo Risorto sia con tutti voi!

Come, ormai, molti di voi già sanno, a cominciare dal prossimo giorno di Pasqua mi è stato affidato il compito di sostituire il caro confratello P. Silvano Porta, omv nella direzione del nostro Santuario, dedicato a N. S. di Fatima. 

 

Si tratta di un compito non certamente facile e che è stato finora portato avanti con grande perizia e competenza dai miei predecessori, che ringrazio dal profondo del cuore, senza dimenticare, peraltro, la preziosa collaborazione dei confratelli Oblati, di Don Andrea Iannilli, delle Suore OMVF e di tanti di voi, che con entusiasmo, coraggio e, a volte, anche con spirito di sacrificio, continuate a sostenere le varie iniziative per le nostre opere apostoliche.

P. Armando mi ha ricordato che, nella nuova veste di Rettore del Santuario, dovrò indirizzare un breve pensiero spirituale e di saluto per questo Foglio di Collegamento. Quindi, accolgo volentieri l’invito e mi rivolgo a voi con la semplicità e la schiettezza di un fratello.

Il cuore del Messaggio di Fatima si può sintetizzare nella preghiera insegnata dall’Angelo ai tre pastorelli: “Mio Dio, credo, adoro, spero e Ti amo; e Ti domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano”. Maria SS.ma, poi, ha guidato i pastorelli,  raggiungendo attraverso loro tutto il mondo, a trovare la maniera concreta di vivere ed annunciare agli uomini del nostro tempo il messaggio di Fede, Speranza e Amore, come unica strada di salvezza, per poter godere pienamente di quella Pace che il Signore Risorto dona ancora a noi, oggi: la Pace sia con voi!

È, pertanto, in spirito di servizio, di amore e di gratitudine che accolgo il nuovo mandato a me affidato, sperando di poter contribuire, con l’efficacia dello Spirito e l’aiuto di voi tutti, a fare del nostro Santuario un faro di luce e di speranza, una pista di lancio per la nostra testimonianza e una cassa di risonanza gioiosa, che porti il messaggio di Cristo fino alle “periferie del mondo”.

So di poter contare, per questo, sul vostro aiuto, la vostra comprensione e la vostra preghiera. E ve ne sono profondamente grato!

Ci sono di conforto le parole piene di luce e consolazione, rivolte dalla Santa Vergine alla piccola Lucia e che di nuovo, oggi, ripete a me e a ciascuno di noi: “Non ti scoraggiare: io non ti lascerò mai. Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà a Dio”.

Sappiamo, quindi, a chi abbiamo dato e stiamo dando fiducia!

Il mio caloroso saluto e augurio pasquale raggiunga voi tutti.

Con grande affetto

p. Carlo, omv

 

 

 

 

 

FdC 64 – Non è uomo… di Anna Simoncelli

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È esperienza tangibile per ognuno di noi il fatto che gli esseri umani non nascano tutti uguali, ma che fin dal primo momento posseggano caratteristiche fisiche che differenziano chiaramente i maschi dalle femmine. Con la crescita non solo tali differenze si accentuano, ma se ne manifestano anche altre: ormonali (ormoni maschili e femminili), fisiologiche (per esempio le funzioni dei due apparati riproduttivi), e psicologiche (anche i cervelli maschili e femminili sono differenti).

Tutte queste specificità  non sono frutto del caso ma sono scritte nel nostro DNA, che è contenuto in ogni cellula del nostro corpo e che stabilisce con precisione se siamo femmine (cromosomi XX) oppure maschi (XY). Questi sono i due sessi.
Non è difficile rendersi conto di quanto maschi e femmine siano differenti, fin dai primissimi anni di vita: è un’esperienza che possono confermare tutti i genitori! E di quanto differiscano anche le loro esigenze durante la crescita!

Osservando i due sessi, salta subito all’occhio che essi sono fatti in modo complementare, cioè che hanno senso insieme; sono pensati fin nei minimi dettagli per un progetto che possono realizzare solo in due, uniti, un uomo e una donna. Questo progetto è la vita, la generazione di nuovi esseri viventi.

Anche a tale meraviglioso evento i due partecipano in maniera differenziata: non possono entrambi partorire, così come non possono entrambi fecondare. C’è uguale bisogno di tutti e due. E non è un caso. Infatti il beneficiario ultimo di questa duplice presenza ed unione sarà la nuova creatura, il figlio, che ha ricevuto metà di sé dal papà e metà dalla mamma e il quale, accompagnato dalla loro femminilità e mascolinità, potrà realizzare la propria natura.
In sintesi uomo e donna sono diversi, e hanno funzioni e predisposizioni diverse, in vista di un progetto più grande che li attende.

Sulla base di queste premesse consideriamo ora l’affermarsi della mentalità anti-uomo basata sulla teoria del “gender” o “genere” secondo la quale l’essere umano nascerebbe neutro, né maschio né femmina, e avrebbe il diritto di scegliere da sé che cosa essere. Partendo dal preconcetto che la femminilità e la mascolinità siano solo atteggiamenti imposti dalla cultura, e che il nostro corpo vada ignorato (in quanto affossamento di tale idea), si negano i sessi e si sostengono i generi. Questi ultimi si identificano con i comportamenti e le preferenze sessuali (almeno 72), da scegliere e da cambiare a piacimento: lesbica, gay, bisessuale, transessuale, indeciso, intersex,  senza-genere, tutti-i-generi, genere X e così via, a cui si aggiungeranno presto sado-masochismo, pedofilia, incesto e pornografia. In sostanza l’uomo viene sradicato dal suo corpo e ridotto alla sola funzione sessuale, a puro istinto, senza senso né finalità. Vengono cioè distrutte la sua identità e la sua dignità.

Dobbiamo stare attenti a non cadere in questa trappola! Noi non siamo orientamenti sessuali ma persone, fatte di corpo e anima, nate per un progetto grande che è scritto anche nella nostra carne.

Benedizioni a tutti!!

 

Anna Simoncelli

 

 

 

 

 

FdC 64 – Il pensiero eucaristico del mese… di s. Angela da Foligno

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GIORNATA DELL'ADORAZIONE SILENZIOSA SABATO 21 MARZO PRESSO LA CAPPELLA DEI PASTORELLI DI FATIMA ORE 10:30 – 16:30
Telefonare al n. 06 2266016 per prenotare i turni di adorazione

 

Dal "Il libro" di Angela da Foligno, Ed. S. Paolo, 271ss

TRE VERITÀ

È necessario che vediamo e consideriamo bene tre cose nel santo Sacrificio; si tratta di tre grandi verità. Non dubito, anzi sono certa che qualunque anima che le capisse veramente, al vedere come fu amata non potrebbe essere così arida da non sentirsi subito invasa dall’amore. È necessario che l’anima entri nel Dio-uomo e guardi ciò che ha istituito nel santo Sacrificio.

Ammiri anche l’ineffabile amore con cui Egli ha trovato ogni modo per poter rimanere in tutto con noi.

Perciò ha istituito questo santissimo Sacrificio, non solo in memoria della sua morte, che è la nostra salvezza, ma anche per rimanere tutto e sempre con noi. Chiunque vuole accedere alla visione di questa profondità, è necessario che abbia buoni occhi.    

Ora comincio a parlare delle tre cose che è necessario considerare nel santo Sacrificio, cioè dei due sguardi del Dio-uomo e del modo in cui l’anima deve accedere alla loro visione.

Il primo sguardo è quello dell’ineffabile amore che Egli aveva per noi; dobbiamo vedere come era tutto appassionato d’amore per noi e si lasciò a noi tutto e per sempre.

Il secondo è lo sguardo dell’indicibile dolore mortale che Egli aveva per noi, dobbiamo vedere come, partendo, cioè allontanandosi per la morte dolorosissima, dovette passare attraverso quei dolori, che erano acutissimi in modo inenarrabile e in cui doveva restare abbandonato.

TRASFORMAZIONE NELL'AMORE E NEL DOLORE DI GESÙ CRISTO

A me sembra che coloro che vogliono celebrare e ricevere questo Sacrificio debbano scrutare questa verità. L’anima non se ne allontani, ma vi dimori e vi resti, perché il primo sguardo del Dio-uomo per il genere umano era tanto benigno che si deve ben notare l’ineffabile amore che dimostrò nel momento in cui decise di lasciare tutto se stesso a noi nel santissimo Sacrificio.

Notate e vedete chi è Colui che volle rimanervi! Egli è Colui che è e Lui è restato tutto in questo santissimo Sacrificio! Perciò nessuno si meravigli del fatto che Egli possa stare simultaneamente su tanti altari, al di là del mare e al di qua, e che stia così lì come qui e così qui come lì. Egli, infatti, disse: «Io, che sono Dio, sono per voi incomprensibile  [1] e ancora: «Io, che sono Dio, ho operato senza di voi, agisco senza di voi e nulla mi è impossibile fare»[2]. Perciò di fronte a quello che non capite, stringetevi le spalle [3].

Quale anima, vedendo questo sguardo amorosissimo del Figlio, è così crudelissima da non trasformarsi subito tutta nell’amore? Quale anima può vedere lo sguardo addolorato e amareggiato di Colui che doveva essere abbandonato nel dolore di tutti i dolori, sia visibili che invisibili, senza subito trasformarsi tutta nel dolore? Quale anima, notando che Egli amò e decise di rimanere totalmente con noi nel santissimo Sacrificio, sarà così fuori da ogni amore, da non trasformarsi tutta nell’amore?

Certamente fu tanto amabilissimo il suo sguardo d’amore per noi che, sebbene la morte fosse vicina ed Egli provasse dolori ineffabilmente acutissimi, mortali e assolutamente incomprensibili, per il fatto che stavano insieme tutti i dolori dell’anima e del corpo, tuttavia, quasi dimentico di Sé, non si tirò per questo indietro, tanto grande fu l’amore che nutrì per noi.

L’amore divino ha una regola: unisce sempre a Sé la cosa amata e la porta fuori di se stessa e di tutte le cose create; essa è assolutamente nell’Increato. Allora l’anima diventa capace di capire come a istituire questo santissimo Sacrificio fu tutta la Trinità.

A quel punto si volge a vedere l’altro sguardo del Dio e uomo, cioè quello segnato dalla presenza della morte e di tutti i dolori. Come fu trasformata nell’amore, attraverso lo sguardo dell’amore, così l’anima viene trasformata nel dolore, attraverso lo sguardo dolorosissimo dell’Amato abbandonato. Infatti, mentre l’anima lo ammira in quello sguardo amareggiato, Egli la trasforma tutta nel dolore; lei non trova nessun rimedio di consolazione e diventa lo stesso dolore.

Tutti quelli che vogliono essere figli fedelissimi del santo Sacrificio continuino a considerare questa verità. Come il Dio-uomo, guardandoci con lo sguardo amareggiato, fu tutto solamente in noi, pure noi dobbiamo essere tutti per Lui.

Se noi non vedessimo lo sguardo amareggiato e addolorato, tanta sarebbe la letizia e la gioia derivante dalla visione dello sguardo amoroso, che l’anima verrebbe meno.

Se non vedessimo lo sguardo amorosissimo del Figlio, tanto sarebbe il dolore derivante dalla visione dello sguardo amareggiato e addolorato, che l’anima verrebbe meno. L’uno, invece mitiga l’altro.            


 

[1] Non è una citazione biblica precisa; cf Rm 11,33-36.

[2] Non è una citazione biblica precisa; cf Lc 1,37.

[3] Cioè: arrendetevi