Fdc 80 – Il pensiero eucaristico del mese… di P. Jean Corbon

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2aIL SACRAMENTO DEI SACRAMENTI

L’Eucaristia è il “sacramento dei sacramenti”, in cui il corpo di Cristo dispiega tutte le energie della sua trasfigurazione e porta a compimento il suo mistero nella Chiesa[1]. È in esso che ci raduniamo nel giorno del Signore per vivere la sua Pasqua nell’intensità della fede e nella gioia della festa. Nell’Eucaristia il Padre ci fa entrare in comunione con Lui nella liturgia eterna. Ma il gran liturgia di questa celebrazione è lo Spirito santo: è Lui che ci fa vivere l’Eucaristia come la misteriosa sinfonia del Verbo incarnato; attraverso di Lui tutto ciò che vive e respira viene riportato all’unità con il Figlio e canta la gioia del Padre.

Come in un preludio, lo Spirito santo ci introduce dapprima nella liturgia da celebrare. Poi, in un primo movimento, quello della liturgia della Parola, Egli ci manifesta il Signore che viene. In un secondo movimento, quello dell’anafora, Egli realizza per noi la Pasqua di Cristo. Questa trasformazione si conclude in un terzo movimento, nella comunione con il corpo di Cristo.

Allora, come in un finale in cui tutto ha nuovamente inizio, Egli ci presenta la liturgia da vivere.

Ma il nostro Liturgo non può realizzare senza di noi questa grande Pasqua della storia; dobbiamo prepararci ad essa e corrispondervi. La celebrazione è una sinergia costante tra noi e il Signore. Per questo nel cuore di ognuno dei movimenti della liturgia eucaristica noi viviamo con Lui una specie di ritmo binario: quello del risveglio della nostra fede e quello dell’evento della fede. Lo Spirito apre i nostri occhi affinché riconosciamo il Signore, porta al raccoglimento i nostri cuori perché accolgano il Verbo, approfondisce la nostra fame perché il Pane di Vita ci sazi, ci fa morire a noi stessi affinché risuscitiamo con Cristo, si fa nostra gioia affinché noi diventiamo la gioia del Padre, si lascia assorbire da noi perché a nostra volta doniamo vita ia nostri fratelli.

Queste esperienze di risveglio della fede ci rendono sempre più trasparenti alla luce della trasfigurazione. Nel suo triplice irradiamento, lo Spirito santo ci penetra e ci fa vivere Cristo, nostra Pasqua. Ce lo rivela, lo attualizza per noi e a Lui ci fa partecipare. Ora in ciascuno di questi tre movimenti vi è un momento forte in cui lo Spirito ci deifica nel corpo del Signore: è il momento dell’epiclesi[2]. La liturgia della Parola culmina in un’epiclesi che precede l’annuncio dell’evangelo, poiché è allora che il Verbo incarnato diventa per noi “spirito e vita” (Gv 6,63). Nell’anafora[3], l’anamnesi[4] è consacratoria grazie all’epiclesi in cui lo Spirito trasforma le offerte in corpo e sangue di Cristo. Nella liturgia della comunione, è ancora per l’epiclesi del pane mescolato al calice che si compie la nostra trasformazione in Cristo, l’unione trasformante della Chiesa con il suo Signore

Jean Corbon
Liturgia alla sorgente
Quiqajon-Bose

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[1] Etimologicamente celebrare significa “portare a compimento”. L’espressione “sacramento dei sacramenti”, nella quale si riconosce il superlativo semitico, è dello pseudo-Dionigi

[2] Epiclesi significa invocazione dello Spirito santo. Il p. Corbon ci sta dicendo che nella liturgia della s. messa non c’è solo l’epiclesi sul pane e sul vino prima della consacrazione.

[3] Anafora: “Portare verso l’alto”. Ogni celebrazione liturgica è anafora perché partecipe del dinamismo attuale dell’ascensione del Signore. In particolare, è il dinamismo centrale dell’Eucaristia (la “preghiera eucaristica” della liturgia latina in oriente viene chiamata anafora), che unisce l’azione di grazie l’anamnesi e l’intercessione.

[4] Anamnesi: “Far affiorare il ricordo, fare memoria”. Nella celebrazione liturgica, la Chiesa fa memoria di tutti gli eventi salvifici compiuti da Dio nella storia e che trovano il loro pieno compimento nella croce e risurrezione di Cristo. Ma l’evento pasquale, accaduto una volta nella storia, è ormai contemporaneo  ogni istante delle nostre vite: Cristo, proprio perché è risorto, ha squarciato il muro del tempo mortale. Si tratta dunque di un memoriale di tipo assolutamente nuovo. Siamo noi che ricordiamo, ma la realtà non è più nel passato, essa è qui: la memoria della Chiesa diventa presenza. Qui c’è tutto il realismo dell’evento liturgico