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FdC 87 – Foglio di collegamento di Giugno 2017

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        sacrocuore

 

 

 

FdC 86 – Un’alleanza con Gesù… di Marco & Fernanda

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Per prima cosa ringraziamo il Signore e la Madonna per averci fatto conoscere la realtà del Santuario di San Vittorino ed i sacerdoti Oblati di Maria Vergine e le suore Oblate di Maria Vergine di Fatima

Poi un grazie enorme va a Suor ANNA CAPPELLUCCI ed a Padre ARMANDO SANTORO che ci hanno accolto a Casa Lanteri come figli e ci hanno aiutato a vivere quest'esperienza della prima settimana degli esercizi spirituali ignaziani.

Diciamo che il nostro dire grazie non sarà mai abbastanza per quello che abbiamo vissuto e ricevuto in questi 4 giorni di esercizi spirituali (dal 23 al 26 aprile): l'accoglienza, l'ospitalità, la cura nei minimi dettagli ad iniziare dalle stanze, alla mensa, al prezioso materiale fornito.

Ora parliamo un po' dell'esperienza vissuta con il Signore e di questi esercizi.

Sicuramente ci sarebbe tanto da dire, ma la cosa che ci sta a cuore e che vogliamo condividere è soltanto una. Siamo arrivati in due, Marco e Fernanda, coppia unita umanamente che ha sperimentato le povertà e miserie di questo mondo. Nel nostro percorso di fidanzamento siamo arrivati ad un certo punto  a capire che la comunione umana non basta per poter costruire qualcosa di eterno, qualcosa di indissolubile, per poter costruire una casa sulla roccia.

Serve qualcosa altro. Questo qualcosa altro è il SIGNORE. È LUI la roccia su cui costruire. Non si può promettere, infatti, qualcosa di eterno se prima al centro della coppia non si mette l'UNICO ETERNO PER ECCELLENZA: il SIGNORE GESÙ CRISTO.

È LUI, l'unico che può amarci nelle nostre povertà e ci aspetta proprio lì, per tirarci su, per ridarci la carica e salvarci.

Non dobbiamo aver paura delle nostre povertà, siamo umani e profondamente deboli.

Avendo sperimentato ciò abbiamo voluto allearci, pertanto, con il SIGNORE. È LUI che quando siamo deboli ci rende forti. Senza di LUI non possiamo fare nulla.

Concludiamo con il dire che siamo arrivati in due e andiamo via in TRE:
                              il SIGNORE GESÙ, Marco e Fernanda.

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Ora è LUI al centro del nostro rapporto.

Con affetto e tanta stima.

                                                                        Marco & Fernanda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – Il pensiero eucaristico del mese… di s. Caterina da Siena

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Dal Dialogo della Divina Provviddenza, cap. 111

… O figlia carissima, apri bene l'occhio dell'intelletto per contemplare l'abisso della mia Carità: non v'è creatura dotata di ragione che non si senta sciogliere il cuore per slancio d'amore vedendo, tra gli altri benefici ricevuti da Me, quello che ricevete in questo Sacramento!

Con quale occhio, carissima figlia, tu e gli altri dovrete vedere e contemplare e toccare questo mistero? Non certo con il tatto e la vista corporea, perché tutti i sensi del corpo sono inadeguati. Come puoi osservare l'occhio non vede altro che la bianchezza del Pane, così che le grossolane sensazioni del corpo vengono ingannate; ma non può essere ingannato il sentimento dell'anima purché essa voglia; cioè, purché essa non voglia privarsi da sé il lume della santissima fede a causa della sua infedeltà!

È il sentimento dell'anima, dunque, quello che gusta, vede e tocca questo Sacramento! Con che occhio lo vede? Con l'occhio dell'intelletto, se in esso vi è la pupilla della santissima Fede! Quest'occhio vede in quella bianchezza "tutto Dio e tutto Uomo", la natura divina unita con la natura umana: il Corpo e l'anima e il Sangue di Cristo, Figlio mio Unigenito, l'anima unita al corpo e il corpo con l'anima uniti con la mia natura divina, senza distaccarsi da Me…..

Ma non lo vede soltanto con l'occhio dell'intelletto, bensì anche con l'occhio del corpo, sebbene a causa del lume intensissimo l'occhio corporeo subito perda la capacità di vederlo, onde rimane solo l'occhio dell'intelletto!

Te lo mostrai perché tu ne fossi più illuminata, in occasione della guerra che il demonio t'aveva fatto proprio a proposito di questo Sacramento; e anche per farti crescere nell'amore e nel lume della santissima Fede. Perciò sai che, recandoti in chiesa una mattina all'alba per partecipare alla messa, essendo stata poco prima tormentata dal demonio, ti mettesti diritta davanti all'Altare del Crocifisso; intanto il sacerdote era venuto all'altare di Maria. E tu te ne stavi là a considerare il tuo difetto perché temevi d'avermi offeso per la molestia a te arrecata dal demonio, e a contemplare l'ardore della mia Carità che ti aveva resa degna di partecipare alla Messa – sebbene ti reputassi indegna persino di entrare nel mio Tempio santo – allorché il sacerdote giunse all'atto della consacrazione, tu alzasti gli occhi su di lui.

E mentre egli pronunciava le parole sante della consacrazione, Io mi manifestai a te; e tu vedesti uscire dal mio petto un lume, come il raggio esce dal disco del sole senza tuttavia staccarsene. Entro quel raggio di luce, strettamente ad esso unita, scendeva una colomba, e veniva a colpire l'Ostia in virtù delle parole della Consacrazione pronunciate dal mio ministro. Di fronte a ciò il tuo occhio corporeo non bastò a sopportare la luce, ma ti rimase solo l'occhio dell'intelletto, con il quale vedesti e gustasti l'abisso della Trinità, tutto Me, Dio e Uomo, nascosto sotto il velo della bianchezza. Tuttavia la luce e la presenza del Verbo che tu vedesti mentalmente sotto quella specie, non cancellavano la bianchezza del Pane, né quel Pane era cancellato da Me, perchè non gli veniva tolta la bianchezza, né il poterlo toccare e gustare!

Tutto questo ti fu mostrato dalla mia divina bontà, come ti ho detto. A chi rimase la capacità di vedere? All'occhio dell'intelletto con la pupilla della santissima Fede; così che il vedere spetta principalmente all'occhio dell'intelletto, in quanto questo non può essere ingannato. 

Con l'occhio dell'intelletto dovete contemplare questo santissimo Sacramento!
E chi lo può toccare? La mano dell'Amore….l'Ostia si tocca per fede con la mano dell'Amore, perchè è con l'Amore che Io sono li presente tutto Dio e tutto Uomo, gratuitamente!

E chi lo può gustare? il gusto del santo desiderio. Il gusto del corpo sente il sapore del pane, e il gusto dell'anima sente Me, per mia somma bontà, tutto Dio e tutto uomo!

Vedi, dunque, come i sensi corporei vengono ingannati, ma non è ingannato il sentimento dell'anima: questa viene assicurata e illuminata in se stessa, perchè l'occhio dell'intelletto ha visto e gustato con la pupilla della santissima fede.

E poiché vide, conobbe, e perciò lo tocca con la mano dell'Amore, poichè ciò che ha visto ora tocca, vive per amore e per fede! E con il gusto dell'anima, unito all'ardente desiderio, assapora la mia infuocata Verità.

Vedi, dunque, come dovete ricevere e contemplare questo Sacramento, non soltanto col sentimento corporeo, ma col sentimento spirituale, disponendo il sentimento dell'anima a riceverlo e a gustarlo, come ti ho detto.

[Clicca qui per scaricare le opere di s. Caterina da Siena]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – La meditazione del mese… di Flavia Ricci

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Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.” (Mc 2, 13-14)

Signore, Tu allo stesso modo in cui hai chiamato Matteo chiami ciascuno di noi…

Certamente oggi viviamo in un contesto diverso, in una situazione sociale del tutto differente dai tempi in cui è avvenuta la chiamata di Matteo, esattore delle tasse… ma la tua chiamata rivolta a noi suona allo stesso modo, quando arrivi nella nostra vita e parli “cuore a cuore” a ciascuno.

Come Matteo ha deciso di rispondere alla Tua chiamata, di alzarsi e seguirti, ora sta a ciascuno di noi rispondere al Tuo invito. 

Alzarsi e seguirti significa riprendere in mano la propria vita, accorgersi del “disordine” e riportare l’ “ordine” nei sentimenti, nelle cose vissute… significa fare pace con le nostre cadute e con quelle situazioni che ci hanno dato sofferenza e che, a volte, abbiamo messo in un dimenticatoio.

Quelle cadute e le situazioni difficili però sono sempre lì, in quell’angolo nascosto del nostro cuore, pronte a riaffacciarsi nei momenti bui.

Soltanto con il Tuo Amore possiamo riguardarle con occhi diversi e, finalmente, accettarle.

Alzarsi e seguirti significa, infatti, sentire il Tuo Amore, capire che ci conosci fino in fondo e che ci accogli in modo incondizionato con tutte le caratteristiche che abbiamo e, soprattutto, con quelle nostre cadute e situazioni difficili che tanto ci hanno fatto soffrire.

Alzarsi e seguirti significa anche decidere di cambiare noi stessi, senza se e senza ma, per fare ogni giorno la Tua volontà e comportarci con il prossimo secondo il Tuo comandamento, quello  dell’Amore.

Alzarsi e seguirti vuol dire dire rispondere ad una chiamata speciale, perché da quando sentiamo la tua voce la nostra anima ha sete di Te e la preghiera guida ogni nostra azione, cambia il nostro modo di fare e le persone che ci incontrano iniziano a vedere in noi il frutto del Tuo insegnamento.

Alzarsi e seguirti vuol dire non avere paura di quello che ci chiedi, perché Tu ci dai gli “strumenti” per fare la Tua volontà, né delle cadute, che fanno parte della nostra vita: Tu, infatti, sei al nostro fianco e ci fai capire cosa ci stai chiedendo e, in caso di caduta, ci risollevi.

Alzarsi e seguirti significa pure saper riconoscere il Tuo volto nelle persone che soffrono, imparare ad ascoltare i bisogni dell’altro e capire, in ogni situazione, cosa significa veramente amare.

L’importante è riuscire a sentire la Tua voce, e per questo, o Signore, ti chiedo la grazia di saperla riconoscere e di riuscire ad ascoltarti tutte le volte in cui mi parli.

Grazie, Signore, per avermi detto “Seguimi”!

Fa’ che questa sete di Te mi aiuti a trovare il giusto tempo per la preghiera nella mia giornata e soprattutto a saper riconoscere Te nelle persone che incontro, affinché ogni mia azione sia ispirata dal Tuo Amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – L’Editoriale di P. Armando Santoro omv

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Carissimi Amici di Casa Lanteri,

aprile è scivolato via di corsa per fa largo al mese della Vergine Maria, a noi suoi devoti tanto caro, in particolare in quest'anno in cui ricorre il 100° anniversario delle apparzioni della Madonna ai pastorelli di Fatima e il nostro Santuario sarà visitato dal 7 al 13 maggio dalla statua della Madonna che da Fatima pellegrina per l'Italia e passa qui a S. Vittorino una settimana [programma].

Oltre alle consuete attivatà ordinarie nel mese di aprile abbiamo avuto un corso di Esercizi Spirituali di quattro giorni diretto da sr Anna Cappellucci omv a una coppia di fidanzati, Fernanda & Marco, che vedete nella foto a destra.

È veramente bello vedere dei giovani che prendono così seriamente l'amore di Dio desiderosi di realizzare se stessi non cercando se stessi ma Lui e la sua volontà. Marco & Fernanda ci hanno fatto il regalo di scriverci due righe sulla loro esperienza che potete leggere in questo Foglio.
 

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Momento bello, intimo e familiare per la nostra comunità OMV è stata la celebrazione della s. Messa di ringraziamento dei 70 anni di sacerdozio (sì, proprio settanta) del nostro carissimo p. Giovanni Bonini omv (foto a destra e sotto). Schermata 2017-05-06 alle 13.54.48

 

Purtroppo abbiamo dovuto annulla l'uscita pellegrinaggio di fine cammino del gruppo dei ritiri spirituali aperti a tutti per via della venuta della Madonna Pellegrina, comunque cercheremo di recuperare a giugno, in tal caso ve lo segnaleremo nel prossimo Foglio di Collegamento.

Due altri grandi eventi ci attendono in questo mese di maggio: il primo è il corso di Esercizi Spirituali sulla Prima Settimana ignaziana in programma dal 14 al 19 maggio e il secondo è l'inizio di un altro corso di Esercizi, questa volta sulla Seconda Settimana Ignaziana che inizierà proprio a fine maggio, il 31 e terminerà, a Dioi piacendo, l'8 giugno.

Buon e santo mese di maggio a tutti voi

                                                             P. Armando omv

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – Appuntamenti di Maggio 2017

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L'USCITA PELLEGRINAGGIO DI FINE CAMMINO DEL GRUPPO DEI RITIRI MENSILI APERTI A TUTTI DI DOMENICA 7 MAGGIO È ANNULLATA PER VIA DELLA VENUTA DELLA MADONNA PELLEGRINA DA FATIMA. L'USCITA SI FARÀ, A DIO PIACENDO, A GIUGNO E AVVISEREMO TRAMITE IL FOGLIO DI COLLEGAMENTO

 

SABATO 6 MAGGIO  2017
Ore 15:30 – DOPO CENA     RITIRO EVO1 – EVO2
Gruppo Arte & Spiritualità

 

MARTEDÌ 9 MAGGIO  2017
SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 2

 

MARTEDÌ 16 MAGGIO  2017
CLASSICI DELLA SPIRITUALITÀ CRISTIANA

 

VENERDÌ 19 MAGGIO  2017
SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 3

 

SABATO 20 MAGGIO  2017
Gruppo Arte & Spiritualità

 

MARTEDÌ 23 MAGGIO  2017
SCUOLA DI FORMAZIONE SPIRITUALE 1

 
DA VENERDÌ 26 A DOMENICA 28 MAGGIO
FINE SETTIMANA SPIRITUALE PER COPPIE DI SPOSI
DI TUTTE LE ETÀ 
[Programma]
 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – La pagina di P. Carlo Rossi omv

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Carissimi Amici di Casa Lanteri,

Il Signore risorto continui a benedire e ad illuminare il vostro cammino!

Eccoci arrivati, finalmente, al mese dedicato alla Madonna, in cui celebreremo solennemente il Primo Centenario delle Apparizioni di Maria Santissima a Fatima.

È già da tempo che ci stiamo preparando a vivere questo evento nella Solennità del 13 maggio prossimo, attraverso le Catechesi Mariane, che, l'anno scorso all'inizio di dicembre, sono state coronate da un piccolo Convegno su Fatima con la presenza di P. Carlos Cabecinas, Rettore del Santuario di Fatima, e di Suor Angela Coelho, Postulatrice della causa di canonizzazione dei Beati Pastorelli e vicepostulatrice della causa di beatificazione di Lucia.

In quest'anno, oltre a continuare le catechesi, abbiamo dato inizio alla celebrazione dei primi cinque sabati in riparazione alle offese contro il Cuore Immacolato di Maria, che proprio sabato prossimo porteremo a compimento.

Il 7 maggio, poi, con l'arrivo della Vergine Pellegrina, avremo la gioia di impegnarci in una preparazione immediata a tale avvenimento in maniera ancora più intensa. La statua della Vergine, proveniente direttamente da Fatima per il tradizionale pellegrinaggio nazionale, si fermerà presso il nostro Santuario fino al 13 maggio alle ore 12,00, quando partirà per raggiungere le Basiliche di S. Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore.

Giacché le apparizioni della Vergine avvennero, secondo il racconto di Lucia, proprio intorno a quell'ora, potremo dire che avremo il privilegio di celebrare presso il nostro Santuario le primizie di questo evento a noi così caro.

Ma, al di là di questi piccoli vanti, ciò che darà il giusto valore alla presenza della Madonna Pellegrina presso il nostro Santuario è il fatto che il Santo Padre ha benevolmente concesso la possibilità di ottenere l'Indulgenza Plenaria per tutto il periodo in cui la Statua, affidata ai Rappresentanti del Movimento Mariano Messaggio di Fatima in Italia, sosterà nel luogo scelto dallo stesso Comitato.

Avremo, dunque, la gioia di affidarci personalmente e comunitariamente alla Santa Vergine e di progredire nel cammino di Santità, nella piena purificazione dai nostri peccati. Potremo così sperimentare di persona quanto la Madonna disse alla piccola Lucia: “Non temere. Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio!”.

Preghiamo gli uni per gli altri, perché la Grazia divina discenda abbondante su tutti noi!

Con grande affetto

                                                                             p. Carlo, omv

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FdC 86 – Foglio di Collegamento di Maggio 2017

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FdC 85 – Il pensiero eucaristico del mese… di S. Veronica Giuliani

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COME I SACERDOTI NON IMPAZZISCONO  –  LA COMUNIONE SPIRITUALE
Dal DIARIO DI S. VERONICA GIULIANA. UN TESORO NASCOSTO

[I.84] Ogni volta che mi comunicavo, sentivo accendermi il desiderio di volere quanto prima comunicarmi di nuovo, e facevo detta Comunione per ringraziamento della medesima, e l'applicavo per preparazione per la Comunione che dovevo fare tra pochi giorni. La notte avanti di comunicarmi, non era pericolo di poter riposare. Tutta la notte la passavo in orazione, in penitenze e stavo un poco, e invitavo il Signore. Oh! Dio! Delle volte con questi inviti facevo poi bene spesso le comunioni spirituali e vi sentivo tal gusto e tali effetti, come fossi stata comunicata corporalmente. Appena lo chiamavo che subito lo sentivo dentro del cuore. Io non capisco e non potevo comprendere come potevate fare voi sacerdoti a tenere quel Dio fra le vostri mani e non impazzire d'amore.  Questo solo pensiero facevami uscire di me. Molte volte ne avevo così ardente desiderio e lo dicevo al confessore; ma esso, che doveva conoscere che non fosse puro desiderio, mi privava della Comunione; ed io lo sentivo e non poco*. Offerivo a Dio quell'atto di obbedienza. Così restavo con pace come se fossi comunicata. Più volte, nell'atto che stavo per comunicarmi il confessore mi discacciava, perché doveva forse vedere che non ero preparata a ciò. Ed in effetti facevo un poco riflessione, e conoscevo che non ero degna di tal grazia. Ma oh! Dio! quanto mi dispiacesse per altro canto non posso con la penna spiegarlo. Bensì che tanto ero contenta, perché facevo quell'atto di obbedienza. E qualche volta, dopo che il confessore mi aveva così scacciata e non voleva darmi la santa Comunione, la facevo spiritualmente ed il Signore mi si comunicava come se l'avessi fatta corporalmente. Si faceva sentire e dicevami: Mia cara, io ho avuto sommo gusto di questo tuo disgusto. Ma sta posata, ché son venuto da te. Mi faceva capire per via di comunicazione che, se io volevo stare tutta disposta al suo volere, stessi morta a quanto mi comandava chi stava in suo luogo. Nell'obbedienza pronta facevo la sua volontà.

[I.6] Di questo divin Sacramento avrei voluto che tutti ragionassero, acciò una volta avessero ben penetrato questa grande invenzione di amore che ha trovato Iddio per restare con noi per cibo delle anime nostre, a nostro pro! Oh! Dio! È un punto che fa impazzire il sol pensarci. Oh! pensate chi lo riceve con sentimento! E chi con vero sentimento lo tiene nelle mani come voialtri sacerdoti! Io penso che non siate in voi in quell'atto della consacrazione, oppure vi sentiate mutati in un Dio medesimo. Son dell'avviso che diveniate come fuoco, e, tenendo fra le mani il divino amore, penso che abbruciate tutti, e che non possiate spiegare con parole quanto in quel punto fa ed opera il divino facitore nelle anime vostre.

Io delle volte fra me faccio un poco di discorso, e vado pensando che, se davvero ci pensassimo a questa opera divina, certo che si impazzirebbe per la veemenza e forza che dà un tanto amore. Oh! Dio! Il nostro cuore diviene tempo della Santissima Trinità. Si può dire di esso in quell'atto della Comunione: Ave templium totius Trinitatis [Ave, o tempio di tutta la Trinità]. Quello che mente umana non può capire, viene ad intrinsecarsi ed unirsi colle anime nostre, e farsi una stessa cosa con noi. E chi mai non si risolverà ad amare chi tanto ci benefica e ci ama? E come si ha da fare per riposare la notte avanti, chi pensa a ciò? Io non credo che si abbia voglia del riposo del corpo, ma che tutti i nostri pensieri siano, come si può fare per prepararsi ad un tanto bene. Io pe me credo che voialtri sacerdoti non dormite mai né possiate cibarvi d'altro cibo che di cose spirituali. Credo che qui solo troviate il vostro sostentamento, e questo divinissimo cibo del Sacramento sia a tuti voi sostentamento vitale, che non gustiate altro. E mi pare anche a me, ché il giorno di Comunione non ho bisogno d'altro cibo. Se pure piglio un boccone di pane, lo faccio per non dare ammirazione e per obbedire: del resto non ho bisogno di altro cibo. E questo che dico ora, è un pezzo che mi sento così, ed è anche di presente lo provo. Con tuttoché mi trovo nello stato che loro sanno, tanto il divino Sacramento mi fa quanto qui dico. Non sto a dire altro, perché sopra questo sol punto vi vorrebbero fogli sopra fogli per raccontare tutto quello che esso divino amore fa colle anime nostre in questo divino mistero. Ho detto queste quattro parole: non mi sono accorta d'aver detto ciò, e non so come mi siano entrate in questo racconto. Sia tutto a gloria di Dio e per adempire il suo santo volere

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* A quei tempi non era concessa la partecipazione quotidiana all'Eucaristia.

Clicca qui se vuoi leggere altri testi di S. Veronica Giuliani

 

 

 

FdC 85 – La nuova evangelizzazione… una stupenda omelia di Benedetto XVI

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5bOMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI VESCOVI SVIZZERI 7 /11/2006
(Martedì della XXXI Settimana T.O. Anno pari  – Fil 2,5-11 – Sal 21 – Mt 11,28 – Lc 14,15-24)

Cari confratelli,

i testi appena ascoltati – la Lettura, il Salmo responsoriale e il Vangelo – hanno un tema comune che potrebbe essere riassunto nella frase: Dio non fallisce. O più esattamente: inizialmente Dio fallisce sempre, lascia esistere la libertà dell’uomo, e questa dice continuamente “no”. Ma la fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande del “no” umano. Con ogni “no” umano viene dispensata una nuova dimensione del suo amore, ed Egli trova una via nuova, più grande, per realizzare il suo sì all’uomo, alla sua storia e alla creazione. Nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi con cui abbiamo iniziato, ascoltiamo innanzitutto un’allusione alla storia di Adamo, il quale non era soddisfatto dell’amicizia con Dio; era troppo poco per lui, volendo essere lui stesso un dio. Considerò l’amicizia una dipendenza e si ritenne un dio, come se egli potesse esistere da sé soltanto. Perciò disse “no” per diventare egli stesso un dio, e proprio in tal modo si buttò giù lui stesso dalla sua altezza. Dio “fallisce” in Adamo – e così apparentemente nel corso di tutta la storia. Ma Dio non fallisce, poiché ora diventa lui stesso uomo e ricomincia così una nuova umanità; radica l’essere Dio nell’essere uomo in modo irrevocabile e scende fino agli abissi più profondi dell’essere uomo; si abbassa fino alla croce. Vince la superbia con l’umiltà e con l’obbedienza della croce.

E così ora avviene ciò che Isaia, cap. 45, aveva profetizzato. All’epoca in cui Israele era in esilio ed era scomparso dalla cartina geografica, il profeta aveva predetto che il mondo intero – “ogni ginocchio” – si sarebbe piegato dinanzi a questo Dio impotente. E la Lettera ai Filippesi lo conferma: Ora ciò è accaduto. Per mezzo della croce di Cristo, Dio si è avvicinato alle genti, è uscito da Israele ed è diventato il Dio del mondo. E ora il cosmo piega le ginocchia dinanzi a Gesù Cristo, cosa che anche noi oggi possiamo sperimentare in modo meraviglioso: in tutti i continenti, fino alle più umili capanne, il Crocifisso è presente. Il Dio che aveva “fallito”, ora, attraverso il suo amore, porta davvero l’uomo a piegare le ginocchia, e così vince il mondo con il suo amore.

Come Salmo responsoriale abbiamo cantato la seconda parte del Salmo della passione 21/22. È il Salmo del giusto sofferente, prima di tutto di Israele sofferente che, dinanzi al Dio muto che lo ha abbandonato, grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Come hai potuto dimenticarmi? Ora quasi non ci sono più. Tu non agisci più, non parli più… Perché mi hai abbandonato?”. Gesù si identifica con l’Israele sofferente, con i giusti sofferenti di ogni tempo abbandonati da Dio, e porta il grido dell’abbandono di Dio, la sofferenza dell’essere dimenticato lo porta su fino al cuore di Dio stesso, e trasforma così il mondo. La seconda parte del Salmo, quella che abbiamo recitato, ci dice che cosa ne deriva: I poveri mangeranno e saranno saziati. È l’eucaristia universale che proviene dalla croce. Ora Dio sazia gli uomini in tutto il mondo, i poveri che hanno bisogno di lui. Egli dà loro la sazietà di cui hanno bisogno: dona Dio, dona se stesso. E poi il Salmo dice: “Torneranno al Signore tutti i confini della terra”. Dalla croce deriva la Chiesa universale. Dio va oltre l’ebraismo e abbraccia il mondo intero per unirlo nel banchetto dei poveri.

E, infine, il messaggio del Vangelo. Di nuovo il fallimento di Dio. Coloro che sono stati invitati per primi disdicono, non vengono. La sala di Dio rimane vuota, il banchetto sembra essere stato preparato invano. È ciò che Gesù sperimenta nella fase finale della sua attività: i gruppi ufficiali, autorevoli dicono “no” all’invito di Dio, che è Lui stesso. Non vengono. Il suo messaggio, la sua chiamata finisce nel “no” degli uomini. E però anche qui: Dio non fallisce. La sala vuota diventa un’opportunità per chiamare un maggior numero di persone. L’amore di Dio, l’invito di Dio si allarga – Luca ci racconta questo in due ondate: Prima, l’invito è rivolto ai poveri, agli abbandonati, a quelli non invitati da nessuno nella stessa città. In tal modo Dio fa ciò che abbiamo sentito nel Vangelo ieri. (Il Vangelo di oggi fa parte di un piccolo simposio nel quadro di una cena presso un fariseo. Troviamo quattro testi: prima la guarigione dell’idropico, poi la parola sugli ultimi posti, poi l’insegnamento di non invitare gli amici i quali contraccambierebbero tale gesto, ma coloro che hanno davvero fame, i quali, però, non possono contraccambiare l’invito, e poi, appunto, segue il nostro racconto). Dio ora fa ciò che ha detto al fariseo: Egli invita coloro che non possiedono nulla; che hanno davvero fame, che non possono invitarlo, che non possono dargli nulla. E poi avviene la secondo ondata. Esce fuori dalla città, nelle strade di campagna; sono invitati i senza dimora. Possiamo supporre che Luca abbia inteso queste due ondate nel senso che primi ad entrare nella sala sono i poveri d’Israele e dopo – poiché non sono sufficienti, essendo l’ambiente di Dio più grande – l’invito si estende al di fuori della Città Santa verso il mondo delle genti.

Coloro che non appartengono affatto a Dio, che stanno fuori, vengono ora invitati per riempire la sala. E Luca che ci ha tramandato questo Vangelo, in ciò ha visto sicuramente la rappresentazione anticipata in modo immaginifico degli avvenimenti che poi narra negli Atti degli Apostoli, dove proprio ciò accade: Paolo inizia la sua missione sempre nella sinagoga, da quanti sono stati invitati per primi, e solo quando le persone autorevoli hanno disdetto ed è rimasto soltanto un piccolo gruppo di poveri, egli esce fuori verso i pagani. Così il Vangelo, attraverso questo percorso di crocifissione sempre nuovo, diventa universale, afferra il tutto, finalmente fino a Roma. A Roma Paolo chiama a sé i capi della sinagoga, annuncia loro il mistero di Gesù Cristo, il Regno di Dio nella persona di Lui. Ma le parti autorevoli disdicono, ed egli si congeda da loro con queste parole: Ebbene, poiché non ascoltate, questo messaggio viene annunziato ai pagani ed essi l’ascolteranno. Con tale fiducia si conclude il messaggio del fallimento: Essi ascolteranno; la Chiesa dei pagani si formerà. E si è formata e continua a formarsi. Durante le visite ad limina* sento parlare di molte cose gravi e faticose, ma sempre – proprio dal Terzo Mondo – sento anche questo: che gli uomini ascoltano, che essi vengono, che anch’oggi il messaggio giunge per le strade fino ai confini della terra e che gli uomini affluiscono nella sala di Dio, al suo banchetto.

Dovremmo quindi domandarci: Che cosa tutto ciò significa per noi? Innanzitutto significa una certezza: Dio non fallisce. “Fallisce” continuamente, ma proprio per questo non fallisce, perché ne trae nuove opportunità di misericordia più grande, e la sua fantasia è inesauribile. Non fallisce perché trova sempre nuovi modi per raggiungere gli uomini e per aprire di più la sua grande casa, affinché si riempia del tutto. Non fallisce perché non si sottrae alla prospettiva di sollecitare gli uomini perché vengano a sedersi alla sua mensa, a prendere il cibo dei poveri, nel quale viene offerto il dono prezioso, Dio stesso. Dio non fallisce, nemmeno oggi. Anche se sperimentiamo tanti “no”, possiamo esserne certi. Da tutta questa storia di Dio, a partire da Adamo, possiamo concludere: Egli non fallisce. Anche oggi troverà nuove vie per chiamare gli uomini e vuole avere con sé noi come suoi messaggeri e suoi servitori.

Proprio nel nostro tempo conosciamo molto bene il “dire no” di quanti sono stati invitati per primi. In effetti, la cristianità occidentale, cioè i nuovi “primi invitati”, ora in gran parte disdicono, non hanno tempo per venire dal Signore. Conosciamo le chiese che diventano sempre più vuote, i seminari che continuano a svuotarsi, le case religiose che sono sempre più vuote; conosciamo tutte le forme nelle quali si presenta questo “no, ho altre cose importanti da fare”. E ci spaventa e ci sconvolge l’essere testimoni di questo scusarsi e disdire dei primi invitati, che in realtà dovrebbero conoscere la grandezza dell’invito e dovrebbero sentirsi spinti da quella parte. Che cosa dobbiamo fare?

Innanzitutto dobbiamo porci la domanda: perché accade proprio così? Nella sua parabola il Signore cita due motivi: il possesso e i rapporti umani, che coinvolgono talmente le persone che esse ritengono di non avere più bisogno di altro per riempire totalmente il loro tempo e quindi la loro esistenza interiore. San Gregorio Magno nella sua esposizione di questo testo ha cercato di andare più a fondo e si è domandato: ma com’è possibile che un uomo dica “no” a ciò che vi è di più grande; che non abbia tempo per ciò che è più importante; che chiuda in se stesso la propria esistenza? E risponde: In realtà, non hanno mai fatto l’esperienza di Dio; non hanno mai preso “gusto” di Dio; non hanno mai sperimentato quanto sia delizioso essere “toccati” da Dio! Manca loro questo “contatto” – e con ciò il “gusto di Dio”. E solo se noi, per così dire, lo gustiamo, solo allora veniamo al banchetto. San Gregorio cita il Salmo, dal quale è tratta l’odierna Antifona alla Comunione: Gustate ed assaggiate e vedete; assaggiate ed allora vedrete e sarete illuminati! Il nostro compito è di aiutare affinché le persone possano assaggiare, affinché possano sentire di nuovo il gusto di Dio.

In un’altra omelia San Gregorio Magno ha ulteriormente approfondito la stessa questione, e si è domandato: Come mai avviene che l’uomo non vuole nemmeno “assaggiare” Dio? E risponde: Quando l’uomo è occupato interamente col suo mondo, con le cose materiali, con ciò che può fare, con tutto ciò che è fattibile e che gli porta successo, con tutto ciò che può produrre o comprendere da se stesso, allora la sua capacità di percezione nei confronti di Dio s’indebolisce, l’organo volto a Dio deperisce, diventa incapace di percepire ed insensibile. Egli non percepisce più il Divino, perché il corrispondente organo in lui si è inaridito, non si è più sviluppato. Quando utilizza troppo tutti gli altri organi, quelli empirici, allora può accadere che proprio il senso di Dio si appiattisca; che questo organo muoia; e che l’uomo, come dice San Gregorio, non percepisca più lo sguardo di Dio, l’essere guardato da Lui – questa cosa preziosa che è il fatto che il suo sguardo mi tocchi!

Ritengo che San Gregorio Magno abbia descritto esattamente la situazione del nostro tempo – in effetti, era un’epoca molto simile alla nostra.

E ancora sorge la domanda: che cosa dobbiamo fare? Ritengo che la prima cosa sia quella che il Signore ci dice oggi nella Prima Lettura e che San Paolo grida a noi a nome di Dio: “Abbiate gli stessi sentimenti di Gesù Cristo! Touto phroneite en hymin ho kai en Christo Iesou”. Imparate a pensare come ha pensato Cristo, imparate a pensare con Lui! E questo pensare non è solo quello dell’intelletto, ma anche un pensare del cuore. Noi impariamo i sentimenti di Gesù Cristo quando impariamo a pensare con Lui e quindi, quando impariamo a pensare anche al suo fallimento e al suo attraversare il fallimento, l’accrescersi del suo amore nel fallimento. Se entriamo in questi suoi sentimenti, se incominciamo ad esercitarci a pensare come Lui e con Lui, allora si risveglia in noi la gioia verso Dio, la fiducia che Egli è comunque il più forte; sì, possiamo dire, si risveglia in noi l’amore per Lui. Sentiamo quanto è bello che Egli c’è e che possiamo conoscerLo – che lo conosciamo nel volto di Gesù Cristo, che ha sofferto per noi. Penso che sia questa la prima cosa: che noi stessi entriamo in un contatto vivo con Dio – con il Signore Gesù, il Dio vivente; che in noi si rafforzi l’organo volto a Dio; che portiamo in noi stessi la percezione della sua “squisitezza”.

Ciò dà anima anche al nostro operare; poiché anche noi corriamo un pericolo: Si può fare molto, tanto nel campo ecclesiastico, tutto per Dio …, e in ciò rimanere totalmente presso sé stessi, senza incontrare Dio. L’impegno sostituisce la fede, ma poi si vuota dall’interno. Ritengo, pertanto, che dovremmo impegnarci soprattutto: nell’ascolto del Signore, nella preghiera, nella partecipazione intima ai sacramenti, nell’imparare i sentimenti di Dio nel volto e nelle sofferenze degli uomini, per essere così contagiati dalla sua gioia, dal suo zelo, dal suo amore e per guardare con Lui, e partendo da Lui, il mondo. Se riusciamo a fare questo, allora anche in mezzo a tanti “no” troviamo di nuovo gli uomini che Lo attendono e che spesso forse sono bizzarri – la parabola lo dice chiaramente – ma che comunque sono chiamati ad entrare nella sua sala.

Ancora una volta, con altre parole: Si tratta della centralità di Dio, e precisamente non di un dio qualunque, bensì del Dio che ha il volto di Gesù Cristo. Questo, oggi, è importante. Ci sono tanti problemi che si possono elencare, che devono essere risolti, ma che – tutti – non vengono risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di noi in modo determinante nel mondo. In questo, ritengo, si decide oggi il destino del mondo in questa situazione drammatica: se Dio – il Dio di Gesù Cristo – c’è e viene riconosciuto come tale, o se scompare. Noi ci preoccupiamo che sia presente. Che cosa dovremmo fare? In ultima istanza? Ci rivolgiamo a Lui! Noi celebriamo questa Messa votiva dello Spirito Santo, invocandoLo: “Lava quod est sordidum, riga quod est aridum, sana quod est saucium. Flecte quod est rigidum, fove quod est frigidum, rege quod est devium”.  [Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato].

Lo invochiamo affinché irrighi, scaldi, raddrizzi, affinché ci pervada con la forza della sua sacra fiamma e rinnovi la terra. Per questo lo preghiamo di tutto cuore in questo momento, in questi giorni.

Amen.

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* Con l'espressione "visita ad limina" si intende indicare l'incontro che, ogni cinque anni, i vescovi di tutto il mondo hanno in Vaticano con il Papa per illustrare quali siano le particolarità che contraddistinguono la loro Regione ecclesiastica dal punto di vista religioso, sociale e culturale.