FdC 74 – FILOTEA: COS’È?… di Francamaria De Bernardi

rs

calendario_marzo2014

0x1

2c

6a

4a

1a

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8

Filotea: che cos’è? Mi sono chiesta.

Ignorando tutto, con curiosità ho “cliccato” sulle pagine del computer e svolazzato leggendo qua e là, ma a farmi assaporare l’opera è stato compito di Padre Armando. 

Avevo capito, con i miei veloci assaggi, che la “vera devozione” era qualcosa che non aveva a che fare con lo stare perpetuamente in ginocchio, e gli incontri mi hanno permeato del concetto giusto, cioè che è la ricerca del Vero, del Vero delle azioni e dei pensieri per un “Vero amore di Dio”; è mutare i desideri in promesse senza “perder tempo” in devozioni che a volte hanno dell’assurdo e del superstizioso.

Man mano vedevo così che si può “volare in Dio con frequenza” e vivacità, spinti ad operare con prontezza perché la vera devozione interiore trasforma in dolce e facile ciò che dall’esterno, agli altri, appare “aspro o rigoroso. È come uno “zucchero spirituale” che toglie ogni forma di amarezza.

“Se la devozione è autentica… perfeziona tutto”.

La convinzione che ne ricevo e a cui aderisco pienamente in questa visione di “uomini con il cuore di Angeli”, che S. Francesco di Sales ci propone cesellando i momenti per la conquista della virtù con esempi chiari e di gentile “naturalità”, non mi evita però di soffermarmi sull’evidenza delle insidie e delle cadute della mia stessa vita di cui ho altrettanta convinzione e che la superficialità delle attitudini e il fascino delle tentazioni risucchia zavorrando.

Ma Francesco esorta, solleva l’animo con parole tenere e suadenti di padre, amorevoli, incoraggianti, senza evitare di mostrare i facili inganni presenti nella conquista della virtù; una conquista lenta “come l’aurora quando sorge“, la cui luce, solo con lentezza, diventa giorno.

Inoltre il suo sottolineare che la vita spirituale è un tutt’uno con la vita personale in cui siamo immersi, quell’agire in questo mondo “aggrappati al Padre senza mai lasciare la sua mano”, consapevoli che senza di Lui è facile perdersi, è un richiamo che continua a risuonare da lontano ma di grande attualità. È quello che ci aiuta ad evitare comportamenti incongrui, disdicevoli, mascherati. È quello che ci evita di essere cristiani non cristiani, quelli che si agitano e appaiono, ma che non trovano un tempo “misurato dall’amore” per i propri figli o genitori, per una telefonata a chi è solo, per un’accoglienza di sguardi durante un semplice caffè, per un sorriso in più.

È nella coscienza della nostra nullità, nullità a cui tutto è stato gratuitamente dato, che vediamo il Suo “continuo esserci", che riconosciamo che Dio ci ha liberato dalle occasioni, ci ha protetto sempre, e spesso a nostra insaputa, anche quando ci sentiamo meritevoli e cadiamo nella vanità di una pseudo coscienza di grande validità personale e ci gloriamo dei nostri progressi e capacità.

Mi è rimasto nella memoria l’orsacchiotto di un vecchio film: “L’orso”. Il piccolo, rimasto orfano, cerca in tutti i modi, ma inutilmente, di farsi adottare da un grande orso. Costretto dunque a vagare solitario si trova a fronteggiare necessità e pericoli finché, un giorno, un grosso e crudele felino di montagna lo guarda pregustandolo con desiderio. Il piccolo orso mette in atto tutte le mosse di cui è capace, con grande esibizione, e che lui crede terrificanti qualità d’orso. Con soddisfazione e autocompiacimento vede che l‘animale crudele se ne va con atteggiamento da sconfitto.

Ma la realtà è molto diversa. Alle sue spalle, l’immenso orso che sembrava averlo abbandonato, ha solo avuto bisogno di essere presente per aiutarlo nel pericolo.

 “Dio ci insegue per salvarci”.

La domanda non è più: “Che cos’è?”, ma: “Chi è?” Filotea.

Sono io, ciascuno di noi chiamati a vivere Cristo.

    “Su queste piccole mani
     Scendono tuoi doni infiniti.
     Passano le età, e tu continui a versare,
      e ancora c’è spazio da riempire”
(Tagore)

Francamaria De Bernardi