FdC 53 – La «pillola dantesca» di Felice Martini

"chè questa bestia, per la qual tu gride,

non lascia altrui passar per la sua via,

ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide (inf. I, 94-96)

 

Ecco il primo ostacolo che Dante incontra nella sua discesa all'inferno: una lupa, che gli sbarra il cammino e che vuole impedirgli il viaggio. Come abbiamo detto il mese scorso si tratta di un viaggio il cui scopo è la conoscenza di Dio – e di se stessi. 

Dante si trova in una situazione di sofferenza ( come succede nella vita, prima o poi, un po' a tutti). Virgilio allora fa prendere consapevolezza a Dante sia della sofferenza nella quale si trova, sia delle causa di questa. E questa bestia è figura di una delle umane passioni (ricordiamo che il termine "passione" deriva dal verbo greco “pascho”, che significa "soffrire"). 

La passione è all'origine dell'umano soffrire; aggiungiamo che, essendo essa inscritta nella stessa realtà dell'uomo, e formando quasi tutt'uno con esso, è cosa difficile o impossibile  a conoscersi, senza un aiuto che provenga dall'esterno. Questo è il significato dell'aiuto offerto a Dante da Virgilio. E della guida spirituale presente in ogni tradizione religiosa. 

A proposito della difficoltà a conoscersi, concludo riportando quanto sull'argomento scriveva un gesuita francese, Yves Raguin, profondo conoscitore della contemplazione cristiana e delle mistica orientale: "Voglio conoscere me stesso e immediatamente mi accorgo di non potermi conoscere, dato che sono un mistero ai miei stessi occhi… mi rendo conto che la via interiore verso me stesso è sbarrata…

Non posso conoscere il mio spirito e il mio spirito non può essere interamente consapevole di sé  (Il tao della mistica, pp. 17-18). 

E allora, chi ci aiuterà? Dov'è il nostro Virgilio?