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La vita dell'uomo nella sua esperienza terrena è un mistero, un grande mistero. È un pellegrinaggio che per molti e per molta parte di anni si svolge nell’oscurità o, meglio, sotto l'influsso di una falsa luce: crediamo di essere svegli mentre gli anni ci scorrono tra le dita quando, al contrario, stiamo in un sonno profondo. Un incantamento domina la vita addormentata dell'uomo. Assume forme varie, tutte seducenti in apparenza, ma velenose nella loro radice: il potere, in qualsivoglia forma; la ricchezza elevata ad idolo da assumere come riferimento per discriminare tra uomo e uomo; il dominio degli altri e della natura; il culto della bellezza del corpo e della cura estrema della forma da portare e mostrare al mondo, quando il nostro cuore è, al contrario, avvizzito e lasciato nella incuria più desolante; la tecnologia ipermoderna che affascina e trascina in un mondo virtuale e complicato dove l'essenza semplice dell'uomo e della sua natura si perde. L'uomo moderno è un essere stordito, che vaga nelle nebbie, portando sulle spalle un fardello di veri dolori e di false speranze che una finta vita di benessere non allevia minimamente. Il potere dello spirito contrario, accolto dal nostro libero arbitrio, ha, dall'origine, condannato l'uomo a vivere nell'oblio dell'Eterno. Non ci sembra possibile, reale, che ciascuno di noi sia destinato, per sua intrinseca natura, alla vita eterna di gioia che il Creatore ha per noi concepito quando: “Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4). Ci sembra quasi una fantasticheria pensare ad un cielo nuovo ed a una terra nuova dove l'uomo contemplerà, in adorazione, il suo Padre Santo. Accade, quindi che, percependoLo lontano ed irreale, ad un certo punto della nostra vita Lo dimentichiamo, relegandoLo ai margini del nostro mondo e chiudiamo la porta del cuore: non siamo più creature in contatto intellettivo ed affettivo col nostro Creatore ma uomini autoreferenti ed autosussistenti. I risultati?S ono davanti ai nostri occhi: l'uomo, senza abbeverarsi alla Fonte Divina, non è capace di mantenere il Mondo, creato con tanta passione, in armonia. Ma il Signore è grande! Il Signore è giusto! Misericordioso è il Signore! Fedele è il Signore! Egli ci ama, di un amore eterno. Non è sconvolgente che Dio si sia fatto uomo per andare a morire di Croce per una nuova Alleanza di salvezza? Non è stupefacente che Dio abbia creato e crei ogni singolo uomo chiamandolo per nome ed invitandolo ad un dialogo continuo? E non è disarmante per il nostro ego vedere il Signore alla nostra porta bussare, pronto e desideroso di entrare per cenare assieme?
Quando gli occhi si aprono è bello e doveroso testimoniare. È bello condividere la speranza, perché siamo Comunità e Chiesa di Cristo e le nostre speranze ci sostengono nel cammino difficile che affrontiamo ogni giorno. Un brano di Matteo (11;2-6) ci aiuta: Gesù risponde al Battista, che gli aveva mandato a chiedere se era davvero Lui il Messia atteso, dicendo ai discepoli: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”. A noi, che scriviamo, un giorno il Signore ha ridato la vista regalandoci uno sguardo nuovo sul mondo; ci ha ridato la Speranza che ci permette di crescere, pian piano, in Fortezza; ci ha lavato l'anima con lacrime di pentimento e stupore; ci ha insegnato ed insegna il significato vero della Croce; ci accoglie, nel suo abbraccio infinito, quando la paura ci assale; ci libera dalle catene delle false credenze che ci impediscono di trovare il nostro posto nel cammino dall'esilio alla Terra Promessa. Attraverso tutto questo siamo giunti a San Vittorino ed al caro Padre Armando che ci ha accolti come un buon pastore: di ciò gli saremo grati sempre. Possiamo augurarci ed augurare a tutti di potere, un giorno, dire come San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia,ho terminato la corsa,ho conservato la fede”.
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