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Carissimi amici, eccoci già a novembre.
Le letture che hanno colpito la mia attenzione sono quelle della 31a settimana del Tempo Ordinario, che celebreremo il 5 novembre.In particolare mi ha toccato il cuore lo stile di San Paolo. Come Vangelo troveremo nella stessa Domenica Gesù che descrive scribi e farisei come quelli che “dicono e non fanno” (Mt 23,1-12). Paolo e i primi cristiani lavorano duramente per non essere di peso mentre annunciano il Vangelo, hanno cura di tutti come una madre ha cura dei propri figli… Mi vengono in mente a questo proposito tre considerazioni: la prima, certamente, il poco amore che condisce molti momenti della mia vita, nei quali lavoro più per forza che volentieri, più perché “devo” che perché “amo”, anche nelle opere di apostolato; la seconda è la distanza che metto, i paletti, davanti alle persone che incontro, per non dire le differenze che faccio e invece sono chiamata ad amare tutti, sempre, prontamente, indistintamente; la terza invece è l’immagine di tante persone che il buon Dio ha messo sulla mia strada e che mi hanno amato così, mi hanno fatto sentire loro familiare, amato senza condizioni, veramente di amore puro e disinteressato e nei loro occhi e gesti potevo vedere chiaramente l’amore di Dio. Come vorrei amare anche io così!Il Vangelo di Matteo di cui parlavo sopra viene attribuito spesso ai preti. Oh, quante volte ho sentito persone diffidare dei preti prendendo le parole di Gesù: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere” tradotte in modo più pratico: “Fate quello che dicono e non quello che fanno”… Ma che bravi siamo a giudicare chi ha donato tutta la sua vita al Signore… Chi forse si sente un po’ solo o vive nella prova per vari motivi… E noi laici a mettere il nostro carico di giudizio sulle loro spalle, invece di farci vicini, di pregare per loro!
Abbiamo poi dimenticato che nel battesimo siamo anche noi sacerdoti, re e profeti? Quelle parole non riguardano anche me? Non pensava a me Gesù quando le ha pronunciate? Ed ecco che mi tornano in mente gesti, parole non dette di consolazione o dette di giudizio…
“Affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari”
Paolo li ama, si è affezionato a loro, non li guarda dall’alto in basso, o come quasi “clienti”, “numeri”, “fardelli”… gli sono cari! Ed ecco addirittura il rammarico di Paolo che, non contento, confessa che avrebbe desiderato fare di più, trasmettere oltre al tesoro del Vangelo di Dio, la sua stessa vita, infuocata, innamorata, folle d’amore…
Mi vengono in mente le nostre comunità parrocchiali o le nostre famiglie: quante divisioni! Quante prese di posizione! Ed ecco l’invito di Gesù: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”.
E in ultimo, nel saluto, la comunità di Tessalonica che ha saputo accogliere la parola di Dio e crederci sul serio. Possiamo dire lo stesso di noi? Posso dirlo di me?
Ma allora cosa fare? Innanzitutto confidare in Lei, la nostra Mamma Maestra di umiltà, di ascolto, di sequela e chiedere a Lei di aiutarci a desiderare di amare di più, a non accontentarci di insegnare, dare consigli, ma ad ardere sempre di più, con il fuoco dell’amore appassionato, non dandoci per vinti dalle nostre miserie, ma rialzandoci subito, senza troppo scandalizzarci di noi, conoscendo bene di cosa siamo fatti, per ricominciare in letizia ad amare!
Tania Giovannoli
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