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Il dono massimo Egi ci diede un dono che sorpassa ogni altro dono, dandoci se stesso in cibo per l'Eucaristia. Egli dice: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane ivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,52); «Questo è il mio corpo che è dato per voi» (Lc 22,19). E non diede se stesso in cibo una sola volta, ma ordinò e istituì che si continuasse a fare ciò sino alla fine dei secoli, in memoria di Lui, cioè del suo amore, che in questo dono appare in modo assai mirabile, da superare il nostro intelletto. La memoria che abbiamo dei suoi benefici non è di alcun giovamento a Lui, come pure non risente alcun danno se noi ce ne dimentichiamo, perciò se ci comanda di averla, lo fece per il nostro bene, perché senza di Lui non possiamo vivere. Egli ci comnadò, come abbiamo ricordato, di andare a Lui, di ricevere il suo corpo benedetto nell'Eucaristia. E chi, senza un comando, ardirebbe ricevere in cibo il suo Signore? […]. Per il suo immenso amore si diede a noi in cibo, in modo così familiare, per dimostrare che il motivo che ci deve spingere a ricevere questo cibo deve essere l'amore e il desiderio di Lui stesso. Sappiamo infatti che tutti gli altri beni e doni dobbiamo cercarli per Lui, e non cercare Lui per amore delle altre cose. E benché siano molti i frutti dell'Eucaristia, tuttavia Essa stessa è più nobile e degna di essi, poiché ha in sé l'autore di tutti i beni, doni e virtù. Perciò deve essere soprattutto la carità che ci spinge ad accostarci a qeusto sacramento, e poiché amiamo il Signore, desideriamo di essere confortati con questo cibo e di crescere nel desiderio di Lui, e così di conseguenza crescere sempre più nella divina carità. E cosa giusta infatti che, se conviene desiderare anche altri doni, si desiderino in rapporto a Lui solo, affinché attraverso di essi siamo a Lui più fedeli e Lo amiamo maggiormente.. Lanspergio il Certosino (†1539) |