FdC 55 – «Pillole Dantesche»… di Felice Martini

" Ma tu perché ritorni a tanta noia?
Perché non sali il dilettoso monte
ch'e' principio e cagion di tutta gioia?"
Inf. I, 76 – 78)

 

Ecco un altro passo del poema dantesco che fa riferimento alla gioia, e lo riportiamo attirando l'attenzione del lettore sullo stato che Dante gli contrappone, e cioè "la noia".

Nel senso comune la noia sta ad indicare un generico stato di insoddisfazione derivante dall'assenza di attività o dall'essere impegnati in compiti monotoni, ripetitivi e privi di senso.

Nel Medioevo, tuttavia, il termine stava a significare tormento, pena, ed è in tal senso che Dante lo usa, per indicare la condizione di chi si trova nella selva oscura.

Questa è la domanda che Virgilio fa a Dante all'inizio del poema. Questa domanda è simile a quella che Mosè rivolge al popolo: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male…" (Dt 30,15). È il tema della doppia via che sta dinanzi all'uomo e che risuona costantemente nei secoli, non soltanto nella Bibbia ma anche presso le antiche civiltà.

Volgendo lo sguardo ai tanti mali che affliggono l'umanità (guerre, corruzione, fame, catastrofi naturali) potremmo domandarci come mai l'uomo preferisca e scelga quanto fa male a quanto fa bene.Potremmo indicare come responsabili l'ignoranza, la mancanza di educatori capaci, i messaggi della televisione e della stampa, le politiche colpevoli degli stati che pensano che l'educazione consista soltanto nell'addestramento delle capacita umane per vivere e comportarsi bene in società, per raggiungere il successo o altri fini funzionali soltanto all'economia degli stati e delle imprese. 

Senza trascurare l'importanza del tema accennato, voglio portare l'attenzione del lettore sulle tante strade sbagliate che possono trovarsi a percorrere (anche) coloro che hanno intrapreso le vie del bene e dello spirito e che, come dice Lorenzo Scupoli, possono essere "occasione di rovina più che i peccati fatti apertamente" (combattimento spirituale, cap. I). È il tema delle devozioni false di cui parla s. Francesco di Sales nella Filotea, e che si manifesta "nel rigore della vita, nelle asprezze e fatiche corporali, ma anche nella regolata disciplina e nelle molte preghiere vocali (per un dettagliato repertorio di tali comportamenti indiscreti, v. il primo capitolo del combattimento spirituale dello Scupoli, e il primo capitolo della prima parte della Filotea di s. Francesco di Sales). Anche s. Ignazio fa riferimento, nelle regole per la seconda settimana, ai pensieri buoni e santi che suggerisce l'angelo cattivo a coloro che hanno cominciato ad esercitarsi (Es. Sp. 332 – 333), e ai quali occorre porre molta attenzione per non finire in "qualche cosa cattiva o distruttiva". Occorre riflettere molto bene su questo argomento.

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