FdC 88 – La meditazione del mese… di Tania Giovannoli

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Dal Vangelo secondo Matteo (22,1-14)

…«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo… venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 

Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Carissimi Amici di Casa Lanteri,

con gioia ho accolto l’invito di padre Armando di condividere con voi le mie povere riflessioni sulla Parola. Il Vangelo su cui mi sono soffermata è quello della 28a domenica del Tempo Ordinario, che celebreremo il 15 ottobre. In verità da bambina questo Vangelo non mi piaceva per niente… proprio non riuscivo a capire questa parabola. Ricordo che pensavo: “Signore, ma forse quell’uomo non lo aveva l’abito, o forse è venuto così in fretta che non ha fatto in tempo a cambiarsi”… e non riuscivo a capire nemmeno la “vendetta” di questo re che fa uccidere gli assassini… mi tornava in mente il segno sulla fronte di Caino.

Prima di tutto occorre inquadrare questa parabola, che è la terza di una trilogia pronunciata da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani nel Tempio di Gerusalemme. Gesù sta per essere accolto coi rami di palme e di ulivo e sta per essere ucciso. Per comprenderla bene mi sembra che occorra capire cosa c’è in gioco in questo banchetto. Si tratta di un banchetto di grasse vivande, di cibi succulenti, di vini raffinati… un banchetto nel quale Gesù stesso passerà a servirci. Si tratta del Paradiso, della vita eterna, della salvezza. 

Si fa riferimento al popolo di Israele che non ha accolto l’invito e al re che lo estende a tutti coloro che lo sapranno accogliere. Ma come sempre c’è un livello personale, perché il Vangelo parla a me, oggi, così come sono. Non posso soffermarmi su di esso senza pensare e chiedere perdono per quelle volte che io non ho accolto l’invito. Soprattutto non posso non dire “grazie” per il tempo che ancora ho per accoglierlo, per quella vita che pulsa nelle mie vene. E nemmeno posso dimenticare le nozze con Gesù, con il mio Sposo, lo Sposo della mia anima e il dono grandissimo della libertà. Si tratta di un invito. 

Ma cosa hanno da fare questi invitati di così importante? È il peccato dell’uomo: avere, potere, godere sono i verbi dell’uomo che non si cura di Dio. C’è sempre qualcosa di “mio” che ho paura di dover sacrificare… e se è così quel Gesù che chiamo “Mio Gesù” viene dopo… Giocano con la vita e con la morte, insultano e uccidono i servi. Anche qui il mio sguardo non può non fermarsi sul Servo per eccellenza sputacchiato, insultato, deriso e ucciso per amore mio. E proprio dalla consapevolezza, come diceva Santa Angela da Foligno, che Lui non ci ha amato per scherzo, ma seriamente, con tutto Se stesso, che il mio cuore dovrebbe sciogliersi, arrendersi a tanto amore e dire: “Anch’io voglio amarti così”.

Il re fa un’azione apparentemente non da Dio… che è Amore, Misericordia, ma anche Giustizia. I comandamenti non sono stati aboliti, ma portati a compimento. Il perdono è per chi, spinto dalla Grazia di Dio, lo chiede. Di occasioni ce ne sono molte, ma c’è sempre la libertà del rifiuto.

Tutti sono invitati, buoni e cattivi, purché indossino l’abito. I Padri della Chiesa vedevano in esso il vestito battesimale di fede ed opere, di una vita di peccati sì, ma immersi nella grazia del perdono nella confessione solo dopo la quale posso accostarmi alla Santa Comunione.

Ed ecco che mi interrogo sul mio abito nuziale. Non si tratta di non aver avuto tempo o modo o di non averlo, come pensavo da bambina. L’abito lo abbiamo, tutto ci è dato, dobbiamo solo toglierci la presunzione di voler entrare nel banchetto “a modo nostro”, senza quello sguardo implorante di chi sa che con i propri peccati si è meritato l’inferno, ma non per dire, veramente. È questa consapevolezza che ci fa inginocchiare e dire: “Signore, pietà”; quello sguardo di creatura piccola e fragile che si riconosce bisognosa di tutto è il nostro abito, quell’amore al Signore con tutto il cuore, l’anima e le forze che apre le porte all’amore per i fratelli. 

Chiediamo alla Vergine Maria che ci assista in questo cammino.    

Tania Giovannoli