FdC 50 – Il dono della misericordia… di Toni Ciamarra

L’Antico Testamento esprime l’amore misericordioso di Dio con il simbolismo delle “viscere”: esse designano il grembo materno, luogo della gestazione , o rimandano a un sentimento viscerale di affetto o solidarietà; sono la sede delle emozioni più forti, come la passione, la commozione e l’immedesimazione. È Dio, a cui i profeti attribuiscono viscere capaci di commuoversi per il suo popolo, come in Geremia 31,20 e Osea 11,8; e di amare con amore che supera addirittura quello materno, Isaia 49,15.  Nel  N.T. la Misericordia di Dio tocca l’apice con l’incarnazione di Gesù e con la sua passione, morte e Risurrezione. L’amore di Dio, attestato nella Bibbia, è un amore libero e ha come tratto distintivo la gratuità, rispetto alla quale l’uomo non può avanzare pretese: l’adesione o meno al disegno e/o  proposta di salvezza di Dio Padre è una scelta dell’uomo.


S. Faustjna Kowalska

Nel corso del tempo i santi hanno annunciato e vissuto con profonda convinzione la Misericordia, sia nei confronti di Dio che dei propri simili; tra questi, ricordo e mi soffermo sulla spiritualità di S. Faustina Kowalska,  umile suor polacca, nata nel 1905 e morta nel 1938. Alla religiosa è legato il Culto della Divina Misericordia, secondo le indicazioni ricevute da Gesù. Tutte le rivelazioni avute le ha trascritte in un diario, divenuto poi un libro, “Il Diario”, sotto la stretta sorveglianza del Direttore spirituale, P. Michele Sopocko, professore di teologia; questa era l’espressa volontà divina: «Figlia mia, per quest’opera della Misericordia fa’ quanto ti permette l’obbedienza, ma sottoponi chiaramente al confessore ogni Mio più piccolo desiderio e non devi sottrarti a quello che lui decide ma compierlo fedelmente, altrimenti non avrai più in te il Mio compiacimento» (D. 1643).

 

P. Michele Sopocko

L’origine del Culto alla Divina Misericordia risale al 22 febbraio del 1931, nel convento di Plock in Polonia; suor Faustina vede il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. I due raggi rappresentano il Sangue e l’ Acqua. Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime (D. 300).  Nel corso dell’apparizione,  Gesù chiede alla religiosa: «Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: “Gesù, confido in Te”! Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero». Il Salvatore confida a suor Faustina che l’immagine con la scritta: “Gesù confido in Te” è un recipiente con il quale le anime debbono andare ad attingere le grazie alla sorgente della Misericordia. Gesù spiega, in momenti diversi, il contenuto dell’espressione “Gesù, confido in Te”. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una volta si lamenta dicendo: «La sfiducia delle anime Mi strazia le viscere. Ancora di più Mi addolora la sfiducia delle anime elette. Nonostante il Mio Amore inesauribile non hanno fiducia in Me. Nemmeno la Mia morte è stata sufficiente per loro» (D.580). Un’altra volta il Signore, sempre in riferimento alla “Fiducia” dice alla religiosa polacca: « Perché hai paura e tremi, quando sei unita a a Me? Non mi piace un’anima soggetta ad inutili paure. Chi oserebbe toccarti quando sei  con Me? L’anima che Mi è più cara è quella che crede fermamente nella mia bontà ed ha piena fiducia in Me: le ricambio la mia fiducia e le do tutto quello che mi chiede» (D. 453). Ritengo utile anche riportare le considerazioni personali di suor Faustina sulla importanza della fiducia in Dio, durante una sua adorazione Eucaristica notturna: «Non riesco a comprendere come si possa non avere fiducia in Colui che può tutto. Con Lui tutto, senza di Lui nulla. Egli, il Signore, non permetterà né lascerà che restino confusi coloro che hanno posto in Lui tutta la loro fiducia» (D.358). 

Avere fiducia nella Misericordia infinita di Dio è condizione prioritaria affinché  l’uomo prenda profonda consapevolezza che ogni suo peccato, fosse come lo scarlatto, possa essere perdonato da Dio. Significativo è quanto Gesù dice alla mistica polacca: «La mia Misericordia è talmente grande, che nessuna mente né umana né angelica, riuscirà a sviscerarla pur impegnandosi per tutta l’eternità. Tutto quello che esiste è uscito dalle viscere della Mia Misericordia. Ogni anima nei miei confronti rifletterà per tutta l’eternità sul mio Amore e sulla mia Misericordia». Continuando ad esaminare il Culto della Divina Misericordia suor Faustina riceve da Gesù due preghiere per impetrare a Dio Padre la salvezza dei peccatori: la coroncina alla Divina Misericordia – da recitarsi preferibilmente all’ora nona all’ora della Sua Morte – e la novena alla Divina Misericordia. 

Alla morte di suor Faustina il culto alla Divina Misericordia si diffonde con difficoltà, solo con il Pontificato di Giovanni Paolo II trova il giusto riconoscimento nella Chiesa ed una capillare diffusione nel mondo. Il Papa polacco provvede a canonizzare suor Fasutina il 30 aprile 2000, prima santa del terzo millennio. Nella stessa data istituisce la festa della Divina Misericordia, da celebrarsi nella seconda domenica di Pasqua: si realizza così il grande desiderio di Gesù, portato a conoscenza tanti anni prima alla sua anima prediletta. Occorre dire che Giovanni Paolo II nella sua seconda enciclica (1980), “Dives in Misericordia”, anche se in essa non fa il nome di Faustina, opera riferimenti espliciti al Culto della Divina Misericordia in diversi punti, uno per tutti: «Dio rivela anche la Sua Misericordia, quando sollecita l’uomo alla “Misericordia” verso il suo proprio Figlio, verso il Crocifisso» (8. Dives in Misericordia). 

 

Nel  “Diario”, Gesù esorta santa Faustina a meditare la sua Passione per avere luce, forza e consolazione; a considerare le sue piaghe nei momenti di disperazione, sconforto e aridità per conoscere a fondo l’amore di cui arde il suo cuore verso le anime (D. 186). Alla religiosa appare anche la Madre del Salvatore che le dice: «Sii coraggiosa; non temere gli ostacoli ingannevoli, ma considera attentamente la Passione di mio Figlio ed in questo modo vincerai» (D. 449). La Passione di Gesù produce così grazie in abbondanza. L’immagine di Gesù misericordioso esprime il Gesù Risorto con le piaghe visibili: segno di insondabile Misericordia e Speranza. 

A riguardo Giovanni Paolo II, nel consacrare il mondo alla Divina Misericordia, Cracovia 17 agosto2002, ha pronunciato parole molto incisive: «Dio, Padre Misericordioso chinati su di noi peccatori, risana la nostra debolezza, sconfiggi ogni male, fa’ che tutti gli abitanti della terra sperimentino la Tua Misericordia, affinché in Te, Dio Uno e Trino, trovino sempre la fonte della speranza». Dopo il pontificato di Giovanni Paolo II, di cui l’immagine era proprio la Divina Misericordia, il suo successore, Papa Benedetto XVI, sin dall’inizio del suo magistero, ha dato al culto della Divina Misericordia di Dio un impulso nuovo. Come non ricordare le sue parole del 23 aprile 2006 quando disse: «Il Culto della Divina Misericordia non è una devozione secondaria ma dimensione integrante della fede e della preghiera del cristiano».        

In sintonia con i predecessori, Papa Francesco – fin dagli esordi del pontificato – ha avuto parole chiare sulla Misericordia Divina –  Il 17 marzo 2013 celebrando la S. Messa, nella chiesa parrocchiale di Sant’Anna, ha ricordato che il messaggio più forte del Signore Gesù Cristo è la Misericordia: «Se siamo come il fariseo, davanti all’altare: "Ti ringrazio Signore, perché non sono come tutti gli altri uomini, e nemmeno come quello che è alla porta, come quel pubblicano" (Lc 18,11-12), non conosciamo il cuore del Signore, e non avremo mai la gioia  di sentire questa Misericordia!». All’Angelus dello stesso giorno, Papa Francesco ha detto: «Il volto di Dio è quello di un Padre Misericordioso, che  sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che Lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua Misericordia. Sempre ha pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca mai di perdonarci se sappiamo tornare a Lui con il cuore contrito».

Il tema dell’Amore Misericordioso è presente nello stemma pontificio voluto dall’attuale pontefice. Esso non si discosta da quello di Benedetto XVI – per la mitra collocata tra chiavi d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso – si distingue per l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante con le lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo con riferimento alla  Vergine Maria e a San Giuseppe. Il motto dello stemma pontificio  “miserando atque eligendo” è tratto dall’episodio evangelico di San Matteo, rispetto al quale San Beda il Venerabile scrive: “Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: seguimi!”. L’omelia di San Beda il Venerabile è un omaggio alla Misericordia Divina. Essa assume significato particolare nella vita e nell’itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di San Matteo del 1953, Jorge Bergoglio sperimentò, all’età di 17 anni, in un modo particolare la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì forte la Misericordia di Dio, che con amore e tenerezza, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di sant’Ignazio di Loyola.

Toni Ciamarra